Il musical fa (vero) boom e raddoppia il pubblico La prosa sta a guardare

Ma no, non sono soltanto le cifre, molto euforiche, a meritarsi un brindisi. È proprio l’atmosfera generale a festeggiare il musical come il toccasana del teatro, l’autentica novità (solo qui da noi perché nei paesi anglosassoni funziona da un bel pezzo) che ha portato in platea un bel po’ di pubblico che prima non pensava neppure a comprarsi un biglietto.
Il pubblico della prima volta ossia il più prezioso.
E basta guardare i titoli, dalla Bella e la bestia a Mamma mia (sugli Abba) a We will rock you (sui Queen) o Bharati (senza dimenticare Pinocchio), per capire il perché: sono spettacoli per lo più kolossal, zeppi di ritmo, cambi di scena e costumi, trame avvincenti, capaci insomma di diventare un evento e di essere trasversali, non soltanto appiccicati a una ristretta cerchia di appassionati, sempre meno ma in compenso sempre più snob. Dunque le cifre: il settore è estremamente frammentato e non ci sono ricerche univoche. L’ultima cifra sul valore totale di mercato del teatro supera i 350 milioni di euro (esclusi opere e musica classica). E sul 47 per cento di italiani che va a teatro almeno una volta all’anno, il 16 sceglie i musical, percentuale raddoppiata nel giro di quattro anni (ma anche gli spettacoli per bambini sono quasi triplicati), mentre la prosa è sempre ferma all’11 per cento. E il merito è senza dubbio di chi, come la multinazionale Stage Entertainment di Joop Van Den Ende o la agilissima Barley Arts del «pazzo visionario» Claudio Trotta, si è inserito con nuove energie sulla scia aperta in Italia cinquant’anni fa da Garinei e Giovannini e poi rilanciata soprattutto dalla Compagnia della Rancia di Saverio Marconi. Loro ci hanno messo idee e, soprattutto, ci hanno creduto (ce ne fossero). Ma, come tutti i fenomeni, il successo dei musical si spiega anche con la irripetibile concatenazione di fattori favorevoli, uno dei quali è la sempre più rara «unicità dell’esperienza». Lo conferma Barbara Salabè, amministratore delegato per l’Italia di Stage Entertainment, che sfoggia pezzi da novanta come Mamma mia, Flashdance e La bella e la bestia, che vanta 284 repliche, un cambio di scena ogni sette minuti e, cosa più importante di tutte, ha portato ben ventimila bambini a teatro: «L’arrivo del web, l’esplosione della musica liquida e scaricabile, la spersonalizzazione dell’entertainment ha per contrappeso aumentato la voglia dello spettatore di toccare con mano l’evento, di parteciparci, di sentirlo come proprio». E il trend è stato lanciato, forse senza rendersene conto, dalla musica, obbligata a cambiare connotati comunicativi dall’arrivo di internet. Una volta, generalizzando, gli artisti andavano in tour per annunciare il disco e quindi venderne più copie. Adesso incidono un disco per andare in tour, durante il quale la maggior parte di loro guadagna di più che con le vendite dei cd. «La differenza tra musical e concerto - conferma Salabè - è che nel musical conta meno chi canta le canzoni ma hanno più importanza la trama, che deve essere profonda, e i cambi di scena». Insomma si spiegano così i 300mila biglietti venduti (14 milioni di incasso) da ottobre 2009 a maggio 2010 per la Bella e la Bestia e i già 260mila venduti negli ultimi tre mesi per La Bella e la Bestia, Flashdance e Mamma mia. O il rilievo europeo che ha raggiunto We will rock you con le canzoni dei Queen, pronto al tour di dodici città dal 20 febbraio a Bergamo «con lo stesso allestimento», benedetto da Jim Beach (manager storico della band) e candidato a fornire l’allestimento a un eventuale tour europeo del musical. Un successo senza precedenti, visto che We will rock you è nato a Londra (dove peraltro hanno addirittura chiamato la bassista italiana Linda Pinelli) e in questo campo la nostra tradizione è quella che è. «Siamo soddisfattissimi - dice il sempre «pazzo visionario» Trotta, amministratore unico di Barley Arts e colonna storica della musica dal vivo in Italia - ci sono artisti poco conosciuti che hanno la possibilità di esprimersi al meglio, anche se gli spazi idonei in Italia sono pochi e la Rai fa poco o nulla per i musical o i family show». A proposito, il family show di Barley Arts, Walking with dinosaurs, è al settimo posto tra gli show più visti del mondo nel 2010 (al primo i Bon Jovi, poi gli Ac/Dc eccetera) e in Italia ha registrato 103mila spettatori in tre settimane a Roma, Milano e Bologna. «E se tutto procede così, nel 2012/2013 lanceremo un musical incentrato su qualche cantante italiano», conferma Trotta, che è pure entusiasta della reazione del pubblico per il suo «indiano» Bharati.

E così alla fine, viene fuori il quadro di una scena viva, molto più viva di tante altre che attraversano e provano a riempire i teatri, e soprattutto capace di essere sempre più sexy (si dice così, no?) e finalmente trasversale, ossia definitivamente pop.

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