Fantacinema. Immaginiamoci un film italiano, regista ad esempio il maestro Franco Zeffirelli. Attore protagonista Luca Barbareschi, il quale sibila: «Quella deputata romena (nome e cognome di una deputata rom) è una troia, vuole attaccare l’Aids a tutti gli italiani». Il tutto al Festival di Bucarest dell’ottobre scorso. (Magari esiste davvero).
Secondo voi come finiva? Anzi non cominciava neanche. Primo perché Zeffirelli e Barbareschi sono gente civile, e non si sarebbero messi a ingiuriare a casaccio pur di far casino. Secondo, se mai avessero provato a inserire il succoso dialogo in una pellicola, li avrebbero bruciati con le molotov nel cinema dove si dava la prima. Se mai fossero sopravvissuti al rogo, e avessero provato a spiegare l’alto significato drammaturgico della carognata, come minimo li scalpavano. Figuriamoci se poteva uscire poi nelle sale intatto. L’Alta Corte dei diritti umani di Strasburgo che fa togliere i crocifissi dalle pareti perché oltraggia la libertà dei bambini, come minimo ordinava l’incenerimento di una simile provocazione razzista. Niente da dire.
Cinerealtà. Al Festival del Cinema di Venezia un regista romeno, tale Bobby Paunescu, fa dire a un uomo che catechizza la figlia: «La Mussolini, una troia che vuole ammazzare tutti i romeni». E non succede niente. Normale. Il film è stato selezionato senza problemi per la rassegna finanziata dallo Stato italiano. Ovvio. Mussolini troia e assassina? Che sarà mai, è arte. La Mussolini apprende di questa infamia gratuita perché un giornalista dell’Ansa le telefona e le chiede un commento. Reagisce, chiede che il film non esca nelle sale con quella ingiuria pericolosa. C’è di mezzo non solo l’offesa ma anche il rischio di essere impagliata come bersaglio comodo e popolare di un tiro a segno. Che succede? Niente. Nessuno si scusa. Lei presenta istanza secondo legge, in termini tecnici è un «ricorso d’urgenza ex-articolo 700» al Tribunale civile di Roma. Il giudice che fa? Ascolta le parti. Attende. Aspetta. Medita. Come urgenza non c’è male. Speriamo agisca. Non sarebbe limitazione dell’arte, ma un modo per levare il coltello a chi sfregia le persone nell’intimo.
Intanto - aspettando l’urgente decisione del giudice - la diffamazione continua. L’anteprima per i critici di Francesca (questo è il titolo) contiene l’insulto razzista e anti-femminile. E il regista per di più fa lo spiritoso sulla mossa della deputata del Pdl. «Non me l’aspettavo, mi sembra una presa in giro, una cosa allucinante. Trovo questo ricorso fastidioso. Comunque, il calore della stampa mi fa grande piacere e dà l’idea dell’importanza della situazione». Per giustificare l’offesa, lui dice che è «la voce della strada». Poi però la fa sua, spiegando che la Mussolini ha usato in tivù espressioni antiromene.
Domenico Procacci è il produttore, rappresenta la Fandango, che trae gli utili e si vede che è contento si faccia chiasso sulla vicenda: tutta pubblicità, per di più progressista e politicamente corretta. E si capisce come goda a colpire di nuovo la nipote di Benito e di Sophia Loren. Le agenzie registrano questa sua dichiarazione: «Il bello è che la frase completa è: “La Mussolini, una troia che vuole ammazzare tutti i romeni”. Ma la seconda parte, il “vuole ammazzare” non ha scandalizzato nessuno, neppure lei, eppure rivela qualcosa di molto negativo». Che cosa ha nella testa questo produttore di film e di insulti? Lo strumento per misurare lo scandalo del prossimo? Fa il bilancino sulla reazione alle varie contumelie? Vuole alludere al fatto che se si sente accusata di voler uccidere tutti i romeni per la Mussolini è un complimento? Dice che farà appello se si imporrà il taglio di cinque secondi di pellicola poiché: «Qualsiasi forma di intervento censorio è da considerarsi pericolosa, soprattutto in questo momento in cui c’è pochissima tolleranza». Ah sì, questa è fantastica. Dare della troia e dell’assassina a una figura pubblica secondo questa gente sarebbe un modo per lottare contro l’intolleranza.
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