Lea Pericoli
da Parigi
Per tifare Nadal ieri al Roland Garros oltre a Juan Carlos e alla regina Sofia erano presenti molti eroi della racchetta di epoche passate, personaggi famosi. Cerano campioni olimpici chiamati a sostenere la candidatura di Parigi ai Giochi del 2012. Cera Zinedine Zidane a consegnare la «Coupe des Mousquetaires» a Rafael Nadal che ha conquistato il suo primo titolo del Grande slam. Il diciannovenne di Maiorca ha eguagliato Mats Wilander, lultimo a vincere il Roland Garros alla prima apparizione in tabellone, nel 1982. Rafa lo ha fatto battendo prima Federer, n.1 del mondo e poi Mariano Puerta, coraggioso tennista venuto da lontano. Lo spagnolo ha vinto, in 3 ore e 24 minuti per: 6-7,6-3,6-1,7-5, salvando 2 set point nella quarta partita, sul 5-4 in favore dellavversario. Mariano Puerta è uscito con lonore delle armi. Si è davvero battuto come un leone. A lui va il merito di averci regalato lo spettacolo. Grande entusiasmo, bella la ola, esaltante il gioco che ha smentito tutti coloro che avevano annunciato una finale fatta di noia e di pura regolarità. Nadal ha vinto mettendo a segno 24 successi di fila. Ai tornei di Barcellona, Montecarlo e Roma ha aggiunto Parigi. Una impresa che ricalca le gesta di Muster nel 1995. Cifra tuttavia molto distante dal record di Vilas che arrivò a 53 partite consecutive nel 1977. Nadal è felice. Il primo abbraccio lo ha dedicato al re. Poi si è arrampicato sulle tribune per baciare i genitori e il suo clan: «Senza il loro aiuto non avrei mai vinto», ha detto al microfono, ringraziando anche il pubblico parigino. Credo che il mondo del tennis abbia trovato lerede di mitici campioni come Connors, Borg, McEnroe, Sampras, Federer. È difficile garantire che Rafa diventi forte come loro. Però il giovane spagnolo ha già saputo imporsi come personaggio diverso. È un tipo capace di travolgere la gente e trascinarla nei suoi match. È uno sportivo dalla faccia pulita, un ragazzo che gioca in modo meraviglioso. È un matador della racchetta che fa la vuelta quando si aggiudica un quindici. Di Mariano Puerta vi rivelo ciò che mi ha detto Vilas: «Tanti anni fa venne da me un pastore evangelista. Teneva per mano un bambino. Nellaltra mano aveva la Bibbia. Mariano era suo figlio. Un ragazzino obeso di undici anni, che sognava di giocare a tennis. Il papà era il suo maestro. Per sbarazzarmi dei due dissi che il piccolo non sarebbe diventato un campione. Però volli vederlo correre per unora». Mariano corse come un pazzo. Anzi, non si fermò più. Così Vilas lo prese sotto la sua protezione: «Non era facile credere nelle possibilità di quel bambino - mi ha spiegato Vilas - ma la volontà nello sport ha il suo valore». Mariano lavorò moltissimo. Poi la mala suerte si accanì. Fermato per sette mesi per un problema al polso, dovette operarsi. Poi arrivò la condanna per doping che lo fece scendere a n. 400 in classifica. La difesa di Vilas inizia qui: «Hanno accusato Puerta di doparsi. La federazione argentina non lo ha difeso. Sono stato io a pagare i suoi avvocati. Ecco cosa accadde: Mariano a Buenos Aires era stato al capezzale della nipotina operata al cuore. Quando partì per Vina del Mar era fuori di sé. Prima di scendere in campo ebbe un attacco dasma.
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