Cronaca locale

Napoli, insidie e incuria nella Galleria Umberto I

L’incuria imperversa nella maestosa galleria Umberto I di Napoli. Il suo fascino non smette di ammaliare, ma le insidie nate dall’abbandono mettono a dura prova la sicurezza di chi vi mette piede

Napoli, insidie e incuria nella Galleria Umberto I

“È bella e interessante”, commenta una donna. È alla guida di un gruppo di turisti proveniente dalla Grecia. Mentre osserva, stupefatta, la Galleria Umberto I di Napoli, la pioggia filtra dalla cupola superiore e costringe qualche passante ad aprire l’ombrello. Sotto i suoi piedi il pavimento, unico per i suoi mosaici, risulta disconnesso: diversi i punti che sono stati interdetti con transenne, per evitare ai passanti di inciamparci e di calpestarne, in qualche caso, i vetri rotti.

Il fascino di quella galleria maestosa costruita in soli tre anni tra il 1887 e il 1890 non smette di ammaliare, ma l’incuria in cui è lasciata la rende anche un posto pieno di insidie e fonte di disagi, principalmente per chi la vive quotidianamente.

“Il problema della pioggia in galleria è diventato veramente insostenibile”, racconta Giuseppe, che da decenni lavora in un bar situato in una delle più imponenti opere monumentali di Napoli. “Oltre ai problemi legati alla sicurezza negli orari notturni – rivela - stiamo avvertendo il problema della copertura. Spesso ci piove sui tavoli, ed è problematico il passaggio delle persone. I problemi sono stati segnalati al Comune, come quelli della sicurezza serale e notturna. E noi, più che segnalare, non possiamo fare molto”.

Dalla volta in vetro e ferro che unisce i quattro palazzi antichi della galleria piove acqua da tempo nelle giornate in cui i temporali imperversano su Napoli. “Noi siamo costretti addirittura a portare dentro la merce esposta”, sbotta Salvatore, che in galleria ha un negozio di souvenir dal 1969. “Dentro piove in una maniera indecente. Sono più di 10 anni, da quando hanno fatto i lavori”. “Molti vetri sono rotti – spiega – perciò, come piove fuori, così piove dentro”. “La gente si meraviglia, ma qua bisogna camminare con gli ombrelli”, afferma.

E i disagi non sono legati solo alle infiltrazioni di acqua. Sotto i porticati, dei senzatetto trovano da tempo riparo. Diversi giacigli occupano anche l’interno della galleria: alcuni angoli sono invasi da coperte e cartoni dove chi non ha una dimora prova a trovare un po’ di calore e finisce per dare anche sfogo a esigenze fisiologiche.

Non mancano i rifiuti, ammucchiati principalmente davanti all’ingresso che si apre di fronte al teatro San Carlo. “Non è una bella accoglienza. Quello che non mi fa piacere sono la sporcizia e l’incuria che ci sono in quest’area”, afferma Renato, che da più di 20 anni passa buona parte del suo tempo in galleria. Si guadagna da vivere recitando poesie e distribuendone ai passanti che gli lasciano qualche piccola offerta. “Mi dispiace per i ragazzi che dormono sotto la galleria – dice – ma sotto ai porticati si sente un bell’odorino e non va bene, perché grazie alla nostra città (non ai vari sindaci), Napoli è ben visitata un po’ da tutto il mondo”.

Nella galleria da tempo riescono a commerciare anche molto venditori abusivi. Lì, dove un tempo gli sciuscià trovavano spazio per lustrare scarpe, oggi ci sono ambulanti che espongono la merce in vendita su carrellini o su banchetti da poter smontare facilmente alla vista della polizia. Si muovono con i loro piccoli espositori o si fermano ad ogni ingresso.

Da via Toledo la facciata è ancora coperta dalla impalcature, da quel 2014 in cui davanti alla galleria Umberto trovò la morte il 14enne Salvatore Giordano. La foto che lo ricorda quasi non si vede sotto quei ponteggi. Era il 5 luglio quando Salvatore fu colpito dai calcinacci crollati dal cornicione. Mentre si attende che la giustizia faccia il suo corso, nel rimpallo di responsabilità a cui si è assistito in questi anni tra Comune e proprietari degli immobili, le condizioni di incuria in cui versa la galleria non sono cambiate e mettono a dura prova la sicurezza di chi vi mette piede. Forse le tragedie non insegnano.

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