Napolitano avvisa l’opposizione: «Le riforme non sono punitive»

RomaSpiragli, piccoli segnali di fumo. «Si intravedono vie di uscita», anche se la «ripresa è ancora lenta». Ma se la crisi economica, nonostante tutto, consente qualche speranza, quella delle istituzioni invece ci sta incartando. Per questo, dice Giorgio Napolitano ricevendo al Quirinale Chiamparino, Alemanno e gli altri sindaci dell’Anci, «servono riforme» e servono subito. «Sono inderogabili e vanno concordate in un clima di serenità senza contrapposizioni pregiudiziali. Le riforme non sono punitive, facciamo in modo che se ne ragioni serenamente e limpidamente».
E per essere più convincente, il capo dello Stato butta sul tavolo il carico da undici, il Senato federale, la carta che può riaprire tutti i giochi. «C’è da tempo l’esigenza - spiega, parlando a braccio - di una revisione dell’impianto costituzionale del Paese. Per quanto riguarda il Parlamento esiste la necessità riconosciuta di cambiare». Insomma, non è più periodo di bicameralismo perfetto, è giunta l’ora di «diversificare le funzioni di Camera e Senato per semplificare il processo legislativo ed evitare il sovraccarico a livelli rappresentativi e decisionali». E, soprattutto, «per dare compimento alla svolta autonomistica» in atto. Basta doppie letture, basta ripetizioni. Per il futuro, incalza il presidente, «non deve essere sottovalutata l’importanza del Senato come Camera delle autonomie». E attenzione: «Non si tratta di un declassamento, ma di un arricchimento del principio di rappresentatività istituzionale». In tempi di federalismo, Palazzo Madama deve cambiare pelle. La Lega applaude. «Ben vengano le parole di Napolitano», commenta il capogruppo al Senato Federico Bricolo. Vale per il Parlamento ma vale pure per gli altri livelli. «Dalle Regioni si scende alle Province e ai Comuni e poi ai quartieri e alle circoscrizioni». Il decentramento, secondo Napolitano, non deve trasformarsi in un groviglio di competenze e in una sovrapposizione di ruoli. «Occorre intervenire per una corretta distinzione delle funzioni». Non si parte da zero, non tutto quello che è stato fatto in passato è buttare. Anzi, dice ancora il capo dello Stato, «proprio la legge che ha rivisto i meccanismi di elezione dei sindaci e i loro poteri è la riforma che ha retto meglio alla prova degli anni». Certo, anche lì c’è da rivedere qualcosa. I consigli comunali devono essere «cerniere democratiche, assemblee per discutere» e non «un luogo per contare i voti».

E i comuni non devono fare la guerra al governo limitandosi a battere cassa, ma «collaborare per dare risposte ai cittadini e ai lavoratori, i cui problemi si sono riacutizzati per effetto della crisi». La chiave, conclude, sta nel trovare «il punto d’incontro tra le esigenze degli enti locali e del governo».

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