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Napolitano firma in un’ora: «Testo conforme agli accordi»

RomaMusi lunghi, «preoccupazioni», cordialità ridotte al minimo. No, non si erano lasciati bene giovedì sera Napolitano e il Cavaliere dopo il vertice al Quirinale. Il premier e i suoi ministri erano saliti sottoponendogli l’ipotesi di un decreto per riaprire i termini per presentare le liste e lui l’aveva giudicata «una strada impraticabile». Sì, è vero, c’è un precedente del 1995, quando Dini spostò i termini di 48 ore. Ma quel provvedimento fu poi dichiarato incostituzionale e il Parlamento dovette approvare una legge per salvare il risultato delle elezioni. Niente riapertura dunque, ha spiegato il capo dello Stato a un Berlusconi deluso. Però ha lasciato la porta aperta: «Qualcosa va fatto», ha detto, non si possono tenere elezioni dimezzate, trovate una soluzione che «regga». Potrebbe andare bene un dl, purché «non innovativo» ma «interpretativo». Ed è quello che gli propongono il giorno dopo. Napolitano prima si dice «disponibile a valutare», poi tratta a lungo sul testo e in nottata firma. La corsa contro il tempo finisce così: oggi, prima delle sentenze dei Tar, il decreto sarà sulla Gazzetta Ufficiale
Il venerdì si apre già con qualche spiraglio. «I contatti con il Quirinale sono ancora in corso», spiega in mattinata Ignazio La Russa. «Il governo sta cercando una soluzione che tenga conto dei rilievi del presidente della Repubblica», aggiunge Sandro Bondi. E infatti Gianni Letta, quando alle 11 si presenta sul Colle per celebrare la giornata del servizio civile, ha modo di intrattenersi con Napolitano e riaffrontare la questione. Il capo dello Stato è sempre perplesso e lo fa capire pure nel suo discorso ai giovani: «Quando vi incontro trovo la forza e la fiducia necessaria per superare le tensioni in altre occasioni di lavoro più difficili». Però non sembra pregiudizialmente contrario all’ipotesi B alla quale sta lavorando Palazzo Chigi, cioè un decreto legge attuativo per risolvere ad hoc i problemi di Roma e Milano, inserendo un comma specifico per consentire a chi era fisicamente presente negli uffici elettorali al momento della scadenza dei termini della presentazione delle liste di poter sanare vizi di forma e irregolarità. In sostanza: chi era dentro il tribunale prima di mezzogiorno, anche se non nella zona rossa, va considerato regolarmente in fila. In questa maniera si risolverebbe il caso più spinoso, quello della lista Pdl di Roma.
A Napolitano l’idea del decreto sulle elezioni non va molto a sangue. Lui preferirebbe un disegno di legge bipartisan, ma i segnali che arrivano dall’opposizione non sono incoraggianti. Anzi, più passano le ore e più si induriscono i toni anche tra i moderati del centrosinistra. Forse è solo tatticismo, magari c’è anche un pizzico di sollievo da parte del Pd che, di fronte a un decreto, non è costretto a un gesto di fair-play difficile da spiegare agli elettori.
Comunque la giornata prosegue tra snervanti mediazioni. Letta e Fini si occupano di tentare di ammorbidire le opposizioni, mentre Palazzo Chigi lavora a stretto contatto con gli uffici giuridici del Quirinale. Tra quelli che si danno più da fare c’è Roberto Calderoli, grande esperto di leggi e normative. «Nessuno vuole cambiare le regole in corso - assicura - ma è indubbio, come sostiene anche il presidente, che ci troviamo di fronte a un pasticcio da risolvere. Il diritto al voto deve essere più forte delle irregolarità formali. Il provvedimento è necessario per scongiurare un annullamento ex post delle elezioni».
E la traccia indicata da Calderoli per evitare le obiezioni di costituzionalità trova spazio nel testo approvato a fatica alle 21.30 dal Consiglio dei ministri, limato e rivisto dopo l’ennesima trattativa con il Colle. L’articolo uno prevede che il diritto all’elettorato attivo e passivo sia preminente rispetto alle formalità. Nel numero due si fissano 24 ore di tempo, a partire dall’accettazione delle liste, per sanare le eventuali irregolarità formali. Una norma transitoria sancisce che per Lazio e Lombardia le 24 ore scattano non dal momento di accettazione delle liste, ma da quello di attuazione del decreto. Infine, l’articolo tre stabilisce che «con ogni mezzo di prova» si potrà dimostrare di essere stati presenti nell’ufficio competente alla chiusura della presentazione delle liste.
Napolitano legge, valuta e decide per il sì. Non è del tutto convinto, alcuni particolari sono sono quelli concordati, ma Berlusconi ormai lo ha messo con le spalle al muro: o firma o si ritrova la gente in piazza e le due principali Regioni senza il partito di maggioranza in lista.

E allora firma.

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