Napolitano al telefono con Silvio: «I nostri rapporti sempre buoni»

RomaSono le dieci quando al Quirinale arriva una telefonata che allunga la vita a un rapporto che ormai sembrava quasi defunto. Alla cornetta c’è un Silvio Berlusconi piuttosto allegro che si vuole congratulare con il capo dello Stato per il discorso del giorno prima. Il Cavaliere, ovviamente, lo ringrazia per la condanna pubblica dell’agguato di piazza Duomo e ha «molto gradito» l’appello alle «riforme da fare insieme» ma quello che soprattutto gli è piaciuto è il messaggio contenuto in una frase di Napolitano: «Non si devono temere complotti contro il governo», cioè, il Colle non darà sponde a manovre e ribaltoni.
E così, all’ora del brindisi di Natale con i giornalisti quirinalisti, spunta un Giorgio Napolitano sorridente e di buon umore. «Sono contento che il presidente del Consiglio mi abbia chiamato apprezzando le linee generali del mio intervento», racconta. Disgelo? Rotto un ghiaccio con il Cav che durava da ottobre? «Macché, io sono per natura sempre scongelato. I rapporti personali sono sempre stati buoni. Ma una cosa sono i rapporti personali, un’altra quelli tra istituzioni e quando vengono toccate delle prerogative costituzionali io reagisco nel modo che mi pare opportuno». Questione di ruolo, e comunque, insiste il presidente, acqua passata: «Oggi i rapporti tra le istituzioni sono normali, diversi ovviamente da quelli tra le forze politiche, ma io non c’entro, se la devono vedere tra loro».
Certo, sul Colle si spera che migliorino quanto basta per avviare le riforme condivise. «Manca ancora il clima giusto», ha detto l’altra sera Napolitano. Ora però vuole correggere quell’impressione negativa. «Io - spiega - non sono né ottimista né pessimista. Sono, diciamo, ragionevolmente fiducioso». Insomma, una terza via dettata dalla complessità dal quadro politico, non l’annuncio di una ritirata. Dunque, c’è speranza. «Sì, perché quando ho parlato di clima non propizio mi riferivo al deficit pubblico. È più difficile condividere le scelte per contenerlo che trovare intese sulle riforme. Per ridurre e riqualificare la spesa pubblica occorrono politiche convergenti in un arco di tempo lungo, superiore ai cinque anni. Fare le riforme invece è più semplice: ho fiducia che si faranno entro la fine di questa legislatura».
E nel Salone dei corazzieri, ricevendo il corpo diplomatico, il capo dello Stato torna sul lancio della Madonnina. «Vi ringrazio cordialmente - dice agli ambasciatori - per tutte le manifestazioni di amicizia e di rispetto nei confronti dell’Italia che sono venute da voi, da ultimo per le vostre manifestazioni di solidarietà in occasione della brutale aggressione subita dal presidente del Consiglio Berlusconi. Si è trattato di un grave gesto di inconsulta violenza che ha suscitato emozione dovunque e che nell’opinione pubblica italiana ha dato luogo anche a delle reazioni e riflessioni salutari».
C’è quindi spazio per far ripartire il dialogo, l’Italia non è così divisa come sembra e come viene raccontata dai giornali stranieri. «È un Paese non sempre facile da leggere, specie per l’asprezza e la singolarità delle sue vicende politiche ma gli stereotipi e i giudizi superficiali non possono occultare il senso di coesione nazionale, come dimostra la larga condivisione sugli impegni internazionali e le missioni di pace all’estero, come in Afghanistan».
Insomma, siate precisi quando parlate dell’Italia, ve lo dice uno che ha come suo modello Enrico De Nicola. «Era persona precisa. Un vero pignolo... E perciò un modello per me». Per dimostrarlo, Napolitano ricorda quando, nel 1944, De Nicola andò da Vittorio Emanuele III per convincerlo a nominare il figlio Umberto luogotenente generale del Regno e così accogliere la richiesta del Cln di farsi da parte. «Il re ascoltava, tentennava, non dava una risposta. Finché il ministro della real casa gli disse: “Maestà, accettate perché vi conviene”. Vittorio Emanuele diede un cenno di assenso.

Ma De Nicola non si accontentò. Salutò il ministro dicendogli: “Voi domani venite da me, a Torre del Greco, a darmi la risposta ufficiale, quella che il re vorrà dare dopo che ci avrà riflettuto e dormito su”. Questo significa essere precisi».

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