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Napolitano: "È venuto il momento di adottare il federalismo fiscale"

Il capo dello Stato a Venezia: "La Carta non è intoccabile, dal 1963 al 2005 modificati 38 articoli". Appello del presidente all’impegno di Nord e Sud

Napolitano: "È venuto 
il momento di adottare 
il federalismo fiscale"

nostro inviato a Venezia
Niente bicamerali. I grandi progetti di «riscrittura globale della Carta» non servono, «sono impraticabili, defatiganti, inconcludenti» e hanno già fallito in passato. Piuttosto, avverte Giorgio Napolitano, se davvero vogliamo «rispondere alle domande della società e alle attese dei cittadini», lavoriamo alle riforme che sono a portata di mano. La prima è il federalismo fiscale, diventato ormai una necessità impellente. «L'unità e l'indivisibilità della Repubblica non può essere un narcotico», anzi, è proprio l'attuale Costituzione «a riconoscere le esigenze dell'autonomia e del decentramento». La seconda è «l’abbandono del bicameralismo vigente e l'istituzione di una Camera delle Regioni». Poi, lavorandoci un po’ su, si potrebbe arrivare anche a rivedere la forma di governo, migliorando «le esigenze di stabilità» di Palazzo Chigi.
Utopie? Sogni ad occhi aperti, visto il clima politico generale? No, per il presidente, a Venezia per un convegno della fondazione Pellicani sui 60 anni della Costituzione, se ci saranno «reciproca attenzione e volontà di avvicinamento» l’accordo è possibile. Innanzitutto sul federalismo fiscale. Dopo il cambiamento del Titolo V nel 2001, dopo il recentissimo disegno di legge varato dal governo, «nessuna parte politica può negare che sia venuto il momento di entrare nel merito, stringere il confronto, cercare impostazioni concrete». Su questo punto le distanze di partenza non sono lunari. «Voglio dire francamente - spiega Napolitano - che se si mettono a confronto gli orientamenti annunciati dal governo in carica, quelli presentati in Parlamento dal governo precedente e quelli formulati dalle Regioni e dall'opposizione, emergono consonanze e convergenze significative». Al di là di qualche differenza, l'obbiettivo di tutti sembra quello «di giungere a un assetto efficiente e trasparente dei pubblici poteri e degli interventi centrali e locali» da calibrare «nell'interesse dei cittadini».
Bisogna avere coraggio, insiste il capo dello Stato: la Carta non è intoccabile, ma «da sempre adattabile e interpretabile», lo dimostra il fatto che «dal 1963 al 2005 sono stati aggiunti o modificati 38 articoli». Perciò, aggiunge, «quello che occorre oggi è la riacquisizione della visione del 1948 di un'unità nazionale destinata a trarre maggior forza da un’articolazione pluralistica e autonomistica». Serve quindi un federalismo solidale che non sia soltanto uno slogan o un travaso di soldi. Se da lato bisogna «combattere le chiusure e gli egoismi delle Regioni più sviluppate», dall’altro però «si deve chiamare il Mezzogiorno alla prova della responsabilità per l'uso economico e il rendimento qualitativo delle risorse pubbliche». Basta sprechi, basta lamentele. Diamoci da fare.


Questo dunque il sentiero stretto indicato dal capo dello Stato per ritrovare in mezzo alla bufera un minimo di «unità di intenti» perché «la competizione democratica non deve mettere a repentaglio in bene comune». C’è, conclude, «un pericolo di disorientamento della comunità nazionale per l’indebolirsi della sua coesione». Da qui, il messaggio nella bottiglia: «l’ancoraggio» a una Costituzione «intelligente e non dogmatica».

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