Controcultura

"Narcos" adesso conquista anche il Messico

"Narcos" adesso conquista anche il Messico

Non tutte le stagioni riescono allo stesso modo e quasi sempre le serie eccessivamente allungate si annacquano verso il finale. Poche le eccezioni «storiche», una su tutte Breaking Bad, che in molti considerano la più bella di sempre. Segue Narcos, entusiasmante, adrenalinica, potente, il miglior prodotto di «vita e malavita», cui concorre il perfetto dosaggio di una molteplicità di elementi: personaggi, attori, storie, intrecci, colpi di scena, pura azione, estetica della violenza.

Per chi temeva l'annacquamento, che condizionò la terza stagione dopo la morte di Pablo Escobar, Narcos Mexico è uno straordinario regalo in forma di prequel, ovvero ciò che accadde negli anni '80 ma questa volta in Messico, un altro cartello della droga concorrenziale ai temibili colombiani. Una storia completamente nuova che solo a tratti incrocia le vicende già note, con il cameo di Wagner Moura, pochi minuti nell'ombra ancora una volta leggendari.

Come in un dramma a tinte forti, la narrazione è sospesa nel rapporto tra eroe e antagonista, figure mai a tutto tondo ma ambigue, insicure, fragili, inseguite dai propri fantasmi e costrette a fare i conti con il fallimento. Da una parte il «padrino» Felix Galiardo, mente criminale che riscatta la miseria da dove proviene arricchendosi e distruggendo chi lo intralcia nel cammino. Solitario, di poche parole, nevrotico, cinico e violento come il Michael Corleone interpretato da Al Pacino. Solo è anche l'agente Kiki Camarena, inseguito dall'ossessione di mettere le mani sui capi del cartello e di distruggere Galiardo, solo nonostante la famiglia, isolato da tutti, anche dai colleghi, la faccia dell'uomo comune eppure dotato di fiuto straordinario, raffinato indagatore, uno che non molla mai nonostante intorno a sé veda solo corruzione, connivenza, omertà. Diego Luna e Michael Pena si rivelano due attori straordinari nei rispettivi ruoli.

Non è solo la lotta tra il Bene e il Male. C'è la storia di un mondo, di un paesaggio, di una città dove niente sembra ciò che realmente è. Rispetto ai prodotti nostrani Romanzo criminale, Gomorra, Suburra - Narcos Mexico rivela un taglio più globale e meno territorializzato, complice la potenza visiva del Centro America, in cui si muovono personaggi che non sono affatto di contorno (uno su tutti, il tossico paranoico Rafa) per uno straordinario teatro di maschere. Eppure è la versione filmata di una storia vera.

Curatissimo nei nettagli, potente nello svolgimento narrativo, intenso nei dialoghi (va visto in versione originale, con l'alternanza di inglese e spagnolo) Narcos si conferma ancora una volta irrinunciabile. Dieci puntate in crescendo, e non è finita.

Lieve scivolata: i criminali sono incollati alla tv per seguire le gesta del loro eroe Scarface, ma lo schermo è un ultrapiatto di oggi, il tubo catodico degli anni '80 se lo sono dimenticati.

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