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Ha sfidato il gelo del Canada, destinazione delle sue vacanze, e anche una sveglia impossibile(«mai successo di rilasciare interviste alle 6.30 del mattino!») per mettere becco nella nuova sfida tricolore tra Milan-Juve. «È un bene per il calcio italiano questo duello che sa di storia» la sua prima chiosa che tiene conto della doppia militanza: dapprima esponente del primo Milan di Berlusconi e Sacchi, poi allenatore della Juve scelto da Moggi e ferocemente contestato dai curvaioli, quindi per 8 anni, pieni di gioie (uno scudetto, tre finali di Champions) e di dolori (a Istanbul col Liverpool), condottiero del Milan che conquistò il titolo di “club più titolato al mondo”. «Esperienze indimenticabili» la sua chiosa nemmeno per un istante venata dal rimpianto.
«Sarà una lotta dura, giocata punto su punto, come accadde già nel 2005 quando tutto si decise nello scontro diretto dell’8 maggio a San Siro» è il suo pronostico, un po’ scontato in verità, e che si avvita su un paio di giudizi ciascuno. Uno per il vecchio Milan che molto vecchio non è più, come ai suoi tempi: «Il gruppo di Allegri ha forza fisica, determinazione, talento e una rosa molto competitiva». Un altro per la nuova Juventus: «Il gruppo di Conte ha l’entusiasmo dalla sua e la voglia matta di cancellare amarezze recenti».
E siamo uno a uno. Ma con un fascio di luce destinato alla sagoma di Andrea Pirlo architetto del suo calcio e invece rimasto ai margini con Allegri. «Non avevo dubbi sul suo ritorno ad un altissimo rendimento: ha grande orgoglio. Non solo: è finito nella squadra che aveva più bisogno di un giocatore con quelle caratteristiche, di una guida non solo tecnica ma anche spirituale» l’idea di Ancelotti rimasto affezionato a uno degli interpreti più raffinati del suo calcio “brasiliano”. Ecco la prima differenza col Milan attuale, targato Allegri. «È vero, questo è più cinico, forse anche più continuo del mio che veniva definito bamboleggiante»: secondo Carletto così si è modificato geneticamente il Milan. Legato, anima e corpo, a Zlatan Ibrahimovic che ne è diventato il leader, qualche volta ingombrante, spesso decisivo. «Ibra è maturato molto rispetto alle precedenti esibizioni con Juve e Inter, è diventato più continuo, capace di fare anche altro, gol a parte e perciò considerato il miglior Ibra di sempre» la sicurezza di Carletto. Che ha parole per Antonio Conte, suo capitano ai tempi di Torino, e adesso motivatore della nuova Juve: «Non poteva che essere così, conoscendolo da calciatore si può indovinare il futuro da allenatore».
A gennaio la sfida, al ritorno da Dubai, può trasferirsi dalla classifica anche sul mercato, alle viste una mossa ciascuno, Tevez per Galliani, Borriello per Marotta. «Tutti e due possono migliorare le rispettive squadre ma forse è la Juve che ha più bisogno di gol rispetto al Milan» la sua didascalia. Che può diventare un racconto dall’interno conoscendo alla perfezione gli umori bianconeri e quelli di Milanello. «Rispetto ai miei tempi a Torino c’è un altro gruppo dirigenti ma conoscendo Andrea Agnelli è evidente la loro scelta: hanno puntato sulla tradizione. A Milanello hanno sempre scelto la continuità e la bravura di Galliani e la filosofia berlusconiana. Sotto questo punto di vista Juve e Milan non hanno cambiato di una virgola il rispettivo dna» parole e sensazioni di Carlo Ancelotti. Che dal Canada sceglie due giocatori simbolo di questa nuova edizione del vecchio duello tricolore. «Da Marchisio mi aspettavo il salto di qualità: appena ha trovato l’utilizzo giusto e il gruppo migliore, si è messo in mostra. Nocerino invece rappresenta una sorpresa anche per me. Merito di Allegri che gli ha ritagliato la posizione giusta, valorizzando qualità rimaste sotto il pelo dell’acqua».


Se Ancelotti gioca Juve-Milan, nella giornata in cui le agenzie di stampa rilanciano i contatti con il Paris Saint Germain di Leonardo, non può certo dimenticare né Del Piero né Inzaghi, che nel cuore gli sono rimasti. «Alex può dare un contributo importante alla lunga, Pippo è in attesa della Champions. Faccio il tifo per lui anche se mi rendo conto che con i sentimenti non si possono fare le formazioni». Buon Natale, Carletto.

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