Salvo Mazzolini
da Berlino
Bisognerà attendere la sera del sei settembre per conoscere la verità di Natascha, per capire se lei fu solo vittima o poi anche complice delluomo che la rapì quando era ancora una bambina e la tenne prigioniera per otto lunghi anni, fino a quando un giorno la bambina diventata ormai adulta riuscì misteriosamente a fuggire e fu ritrovata mentre vagava in un parco di Vienna. La sera del sei settembre la tv austriaca Orf manderà in onda lunica intervista che Natascha ha accettato di dare, mentre tutti i mass media del mondo le offrivano cifre astronomiche. O meglio l'unica intervista autorizzata dagli psicologi che assistono Natascha, attualmente ospite in una struttura specializzata nel recupero di soggetti che hanno subito un forte trauma. Salvo i medici che lhanno in cura e la polizia nessuno finora ha potuto vederla. Lunica eccezione è stata fatta per la madre cui è stato permesso un solo e brevissimo colloquio.
Secondo gli psicologi il suo equilibrio non reggerebbe allimpatto con un ritorno troppo brusco alla normalità. Nonostante lenorme interesse per ciò che la ragazza dirà, la stampa austriaca è però scettica sulla possibilità che la verità di Natascha possa fare piena luce su questa storia che si arricchisce di nuovi aspetti ogni giorno che passa. In un primo tempo tutto faceva pensare che Natascha fosse stata vittima della sindrome di Stoccolma e cioè che con il passare del tempo avesse maturato un sentimento di «amore» verso il suo aguzzino. Ma i particolari della prigionia pubblicati da un settimanale viennese che avrebbe avuto informazioni dirette dalla polizia, lasciano pensare che il rapporto tra Natascha e il suo rapitore andasse oltre la complicità. Tra i due, secondo il settimanale, si sarebbe instaurata una attrazione reciproca per cui la prigionia veniva vissuta dalla ragazza come un'esperienza non solo accettata ma addirittura cercata e irrinunciabile.
Secondo il settimanale News la «rapita» e il suo aguzzino Wolfgang Prikopil, (si è suicidato gettandosi sotto un treno quando seppe della sua fuga), conducevano una vita apparentemente del tutto normale, tanto normale da sembrare monotona. Alla mattina facevano colazione insieme, leggevano i giornali, chiacchieravano del più e del meno, poi lui, dopo averla ben chiusa nella sua stanzetta garage, usciva per andare al lavoro con la lista delle cose da comprare che lei stessa gli aveva preparato. Alla sera come un marito qualunque il rapitore tornava a casa con le buste piene di cibo per la cena, magari portandole anche un cosmetico o una rivista di moda. Poi i due si piazzavano davanti alla televisione come fanno tantissimi coniugi. Proprio come avviene in un romanzo di John Fowles, «Il collezionista», che racconta la storia di un sequestro in cui rapitore e ostaggio si innamorano l'uno dell'altro pur rimanendo entrambi nei loro ruoli: lui continua a fare il carnefice e lei si compiace di fare la vittima.
Ieri la polizia di Vienna ha effettuato un lungo e minuzioso sopralluogo nella villetta del sequestro. Non hanno trovato il romanzo di John Fowles, cui il rapitore si sarebbe ispirato secondo alcuni giornali austriaci, ma hanno trovato molti elementi che avvalorano la tesi secondo la quale Natascha fu effettivamente tenuta prigioniera ma al tempo stesso lasciano pensare che la prigionia sia stata vissuta da lei non soltanto come un male minore ma come una condizione indolore e normale. Lo stesso avvocato di Natascha, Gerald Ganzger, ha detto che dopo il sopralluogo la vicenda appare ancora più enigmatica e intrigante.
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