È nato il giornale che parla a tre milioni di partite Iva

Anche il popolo delle partite Iva, da oggi, ha il suo giornale, grazie alla creatività di Francesco Bogliari, che ne è ideatore e direttore. Lui, la partita Iva non ce l’ha, ma trent’anni di esperienza editoriale l’hanno convinto che esiste un mondo a cui nessuno parla, neppure le testate economiche: quello delle professioni non regolamentate, che non hanno la struttura di assistenza dei lavoratori dipendenti, ma neppure quella garantita dagli Ordini professionali.
Un mondo che riserva delle sorprese: «Sono circa tre milioni, tanti quanti i dipendenti pubblici- spiega Bogliari, parlando dei potenziali lettori del Giornale delle partite Iva, in edicola da oggi - ma a differenza di loro, non hanno voce, non scendono in piazza e non scioperano. Certo, sono molto diversi fra loro: c’è chi lavora nell’ambito della conoscenza, dai consulenti finanziari ai grafici, e chi opera nel settore della cura della persona, dai terapisti familiari ai massaggiatori shiatsu».
Non solo: tra loro c’è chi ha scelto la libera professione, e chi invece è stato costretto a farlo, perchè è giovane e non riesce a farsi assumere o magari è un dirigente cinquantenne, riciclatosi in consulente perchè la sua azienda ha chiuso. «Però hanno una serie di esigenze in comune: e a quelle vogliamo rispondere, attraverso articoli chiari, e consigli di esperti dei vari settori. I nostri obiettivi - prosegue Bogliari - sono tre: dare consapevolezza dei problemi, risolverli attraverso soluzioni operative e, ultimo ma non meno importante, dare un’identità comune e, perchè no, l’orgoglio del proprio lavoro».
Però la copertina del primo numero non è proprio incoraggiante, visto che è dedicata alle “pensioni da fame”. «È un pugno nello stomaco - ammette Bogliari-. D’altra parte, la previdenza è il primo problema delle partite Iva: e noi dobbiamo spiegare loro, soprattutto ai giovani, qual è la situazione vera e aiutarli a prendere coscienza che devono investire una parte dei loro redditi, fin dall’inizio, in una pensione di scorta. Certo, è soprattutto la politica che deve dare delle risposte.

Anche perchè questo è un settore che cresce continuamente, al ritmo di 170-200mila unità all’anno: ma non dimentichiamo che è un mondo dinamico, che interscambia continuamente con quello del lavoro dipendente e dell’imprenditoria».

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