Nature morte per scacciare la crisi

Q ualcuno li ha definiti «beni rifugio», quelli che, in tempi di crisi, danno l’illusione di un piccolo-grande investimento. Sono le opere d’arte. Non quelle contemporanee, più soggette al rischio di bolle speculative, ma il caro vecchio antiquariato. Milano, che a partire da giovedì ospiterà la quarta edizione della fiera «Mint», ha una tradizione fortissima e insospettata, capace di dettare le tendenze e di condizionare il mercato, proprio come nella moda e design. La crisi economica, ovvio, ha colpito anche gli antiquari come tutti i commercianti di beni di lusso. Ma a farne le spese è stata soprattutto la fascia di botteghe medio bassa. L’alta qualità, quella che fa capo ai grandi galleristi del centro storico, come Silvano Lodi, Francesco Piva, Nella Longari, Voena, Cesati e pochi altri, continua a volare alto. I top sono poco più che una decina, in una città che conta circa 300 gallerie. Molte cose, rispetto agli anni passati, sono cambiate anche per loro, nel bene e nel male. Le case d’asta, che sulla piazza milanese vedono in prima linea Christie’s, Sotheby’s e Finarte, hanno sottratto alle gallerie l’85 per cento del lavoro. In compenso, i nuovi ricchi dei mercati emergenti - russi e cinesi in primis - sono clienti sempre più frequenti e pronti a spendere cifre da capogiro. «Ma i prezzi sono di gran lunga inferiori a quelli dell’arte contemporanea» dice Silvano Lodi, numero uno per la pittura di Cinque, Sei e Settecento: «Un esempio? Oggi con 200mila euro si può acquistare un dipinto internazionale anche di un grande maestro, mentre un taglio di Fontana costa quattro volte tanto». Molte cose sono cambiate, dicevamo. Sono cambiati i gusti ed è cambiato il collezionismo che risente anche del mercato immobilare. «Se si vendono più case, aumenta la vendita di oggetti d’arte - dice Francesco Piva -. Per quanto riguarda le tendenze, invece, Milano ha visto la grande ascesa del neoclassico (Direttorio e Impero), stile che fino a pochi anni fa era considerato minore rispetto al Settecento. A questo boom ha contribuito anche lo stilista Versace, grande collezionista e che ha trasferito la cifra neoclassica anche ad alcune sue collezioni». E i collezionisti? Sono diventati più esigenti e selettivi e, indipendentemente dal ceto sociale, entrano nella bottega dell’antiquario molto più documentati di una volta. «Per la pittura - dice Lodi - sono passati di moda i soggetti religiosi e i clienti, forse per scacciare gli incubi della crisi, cercano temi più allegri: vedute settecentesche, soggetti mitologici o tutt’al più nature morte».
Anche Milano, ovviamente, vanta leggendari collezionisti dell’antico, come il concessionario Koelliker, lo stilista Etro, Dolce e Gabbana o Franco Maria Ricci. Ma il cosiddetto zoccolo duro vede in aumento anche le fasce di pubblico più giovane, come quello dell’arte contemporanea. «In questi anni si è verificata un osmosi tra le due categorie di collezionisti: quelli del contemporaneo hanno iniziato ad acquistare anche antico e viceversa» dice Jean Blanchaert che dopo la lunga esperienza nella galleria antiquaria di famiglia in via Nirone, oggi tratta arte contemporanea. «Tuttavia ricordo che anche nella bottega di mia madre, che trattava arte povera antica, i clienti erano gli stessi che acquistavano gli oggetti di ceramica che commissionavo agli artisti contemporanei. Ormai sono più attratto dall’arte d’oggi ma, lo ammetto, alla lunga l’antiquariato vince sempre. Perchè? È sempre esistito ed esisterà sempre». Per quanto riguarda i clienti stranieri, Milano vede anche nell’antiquariato l’avanzata cinese. «Sono preparati ed esigenti - dice Piva - ma lavorano su commissione di collezionisti che vivono in patria. Gli emissari, che hanno base in città, vengono in bottega con idee molto precise e se l’opera risponde ai requisiti richiesti, spendono qualsiasi cifra».
A proposito di mescolanze, quella che si apre giovedì è la fiera che più di tutte a Milano ha puntato sull’intreccio tra gallerie antiche e contemporanee. Oltre a «Mint», che stavolta avrà sede ai giardini Indro Montanelli (terza sede in quattro edizioni), Milano conta altre due fiere d’arte antica: «Collezioni d’arte», la più internazionale e che si tiene a maggio alla Permanente, e «Antiquari milanesi», che si svolge in Fiera a fine novembre. Diciamolo: un po’ troppe tre fiere cittadine, a cui poi va aggiunta la pletora di manifestazioni lombarde, da Novegro a Vaprio d’Adda, da Brescia a Bergamo a Cremona.

«Questa proliferazione va tutta a svantaggio della qualità degli stand» dice Lodi. «Di Mint condivido l’intento innovativo ma a questa edizione ho scelto di non partecipare perchè è mancata un’adeguata comunicazione. Il prossimo anno si vedrà».

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