La nazionale va a Donadoni baby ct che accontenta tutti

Contratto fino agli europei 2008: martedì presentazione in federcalcio

Franco Ordine

Ne parlano bene tutti e forse non è un titolo di merito. Persino Fabio Capello, una sorta di Pietro l’Aretino del calcio dei nostri tempi («di tutti disse mal fuor che di Cristo, scusandosi col dir: non lo conosco»), lo inserì nel ristretto elenco dei suoi possibili successori alla Juve. E se si registrano gli stessi giudizi incantati da parte di Arrigo Sacchi, suo maestro autentico, questo Roberto Donadoni, 42 anni, nuovo Ct della Nazionale campione del mondo, bergamasco di origine, milanista nel cuore e nella bacheca (scudetti e coppe vinte in quantità industriale) risulta capace addirittura di mettere d’accordo il diavolo e l’acquasanta. Ne parlano bene tutti, tranne il suo ultimo dirigente, Aldo Spinelli, presidente del Livorno che lo indusse alle dimissioni ritrovandosi con la squadra sull’orlo della retrocessione e forse si tratta invece di una medaglia al merito. Di sicuro ne parlano bene, e con qualche cognizione di causa, i suoi calciatori, in particolare Cristiano Lucarelli, bomber del Livorno che ne descrisse il tratto umano, oltre che le doti professionali, tecniche. Prima di eleggerlo ct, un sondaggio alla buona svolto da Albertini («Per me può diventare un grandissimo») a Duisburg ha fornito esiti inattesi: i senatori del gruppo azzurro hanno votato a favore, bocciando invece le candidature di Zaccheroni e Vialli. Sarà un dettaglio, ma riscuotere la stima e la fiducia del gruppo appena laureatosi campione del mondo non è poi un handicap.
Roberto Donadoni è uno che non ha paura di confessare in pubblico simpatie e sentimenti puri come la riconoscenza. Quando sbarcò a Livorno e incrociò la curva rifondaiola ebbe il coraggio di difendere Berlusconi, sbertucciato tutte le domeniche. «Sono cori ingenerosi e ingiusti, io lo conosco bene Berlusconi», dichiarò senza lisciare il pelo agli ultrà, pratica molto in voga tra i suoi colleghi. Il primo a fargli gli auguri, per fatale coincidenza, alcune ore prima dell’annuncio solenne di ieri sera, 19.35 le lancette fissate dall’agenzia, è stato proprio Silvio Berlusconi nell’intervista alla Gazzetta dello Sport di giovedì 13. «Donadoni è stato un grande giocatore del nostro Milan. È una persona seria e gli mando il mio in bocca al lupo» la frase tenera spedita all’artista del pallone che ribattezzò «luci a San Siro». Speriamo che Guido Rossi non se la prenda più di tanto.
Ne parlano tutti bene, allora, ma non sarà sufficiente a reggere il peso di una coppa del Mondo da difendere. Al supercommissario della federcalcio la proposta è stata opera di Demetrio Albertini, uno che lo conosce bene e che non ha certo timore di sfidare l’impopolarità per definire sulla carta un progetto impegnativo e innovativo di Nazionale. Il contratto, non ancora firmato (neanche sfiorato l’argomento ammontare dello stipendio, definito solo il collaboratore al seguito, Mario Bortolazzi), prevede una durata di due anni, fino all’Europeo targato 2008, le cui qualificazioni sono già dietro l’angolo. Cominceranno ai primi di settembre, con un paio di appuntamenti da far tremare i polsi: sfida domestica con la Lituania e poi viaggio a Parigi per la rivincita con la Francia (speriamo non ci sia Materazzi, quella sera a Saint Denis). Donadoni ha incontrato e ricevuto l’investitura da Guido Rossi, Abete e Riva ne hanno discusso il giorno prima e hanno approvato. Toccherà a loro due guidarlo attraverso le trappole infernali della conduzione del club Italia. Dovranno difenderlo nei giorni difficili che verranno e magari aiutarlo nello svolgimento del delicatissimo ruolo.
Roberto Donadoni, ct dell’Italia campione del mondo, è una mossa all’olandese. Ad Amsterdam presero Rijkaard e poi Van Basten senza valutare il curriculum: faceva fede la qualità degli uomini e la bravura dei calciatori. In Germania fecero più o meno lo stesso quando venne il tempo di preparare il mondiale 2006: Klinsmann non aveva mai esercitato prima la professione.

Il «Dona», come lo chiamano gli amici intimi, affronta una missione impossibile: provare a non far rimpiangere Lippi e il trionfo di Berlino, per cominciare, e convincere Totti a non mollare. Si presenterà martedì pomeriggio in federcalcio, a Roma. Con i suoi riccioli sale e pepe e con quell’aria da cucciolo indifeso. Eppure non si arrenderà facilmente.

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