Nazionale

Calano gli sbarchi, ma è ancora naufragio. Il ruolo delle Ong incoraggia le partenze

Gommone con 22 migranti affonda al largo della Turchia. La piaga dei trafficanti

Calano gli sbarchi, ma è ancora naufragio. Il ruolo delle Ong incoraggia le partenze

Ascolta ora: "Calano gli sbarchi, ma è ancora naufragio. Il ruolo delle Ong incoraggia le partenze"

Calano gli sbarchi, ma è ancora naufragio. Il ruolo delle Ong incoraggia le partenze

00:00 / 00:00
100 %

Calano gli sbarchi, ma le stragi del mare non si fermano. Alle sessanta vittime del gommone «fantasma» rimasto alla deriva per sette giorni davanti alle coste della Libia si è aggiunta, ieri, la tragedia di Canakkale, una piccola località della costa turca dove il mare ha inghiottito 22 migranti tra cui almeno sette bimbi.

Ma il problema in Libia, come in Turchia, non è soltanto la capacità o la volontà delle autorità locali di contenere le partenze garantendo gli accordi con l’Europa. La grande incognita, difficile da stroncare, è l’attività dei trafficanti di uomini, ovvero di chi trasforma in affare il sogno di raggiungere l’Europa. Il problema è assai evidente in Libia.

E il naufragio del «gommone fantasma» non fa che riproporlo. Solo un anno fa i flussi dalla Libia si erano spostati in Cirenaica, ovvero nella provincia orientale del paese. Dopo l’incontro dello scorso maggio a Palazzo Chigi tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, il problema era stato risolto. Oggi la situazione appare ribaltata. Dalle coste orientali della Cirenaica non salpano più barconi diretti verso l’Italia, ma il problema è riesploso a Zawiyah e Zuwara, due cittadine a ovest di Tripoli considerate, già ai tempi di Gheddafi, le roccaforti della tratta di umani. Quest’attività gestita da clan conosciuti e ben rodati è stimolata e favorita da almeno tre fattori. Il primo è l’offerta, ovvero l’afflusso di masse di migranti pronti a pagare per raggiungere l’Italia. Da quando gli accordi tra Roma e Tunisi hanno ridotto dell’89 per cento le partenze dalle coste di Sfaax e dintorni la Libia occidentale è tornata punto di ritrovo privilegiato per le masse in partenza dal Sahel.

Il secondo fattore sono i controlli imposti dalle autorità centrali e, nel caso della Tripolitania, dalla Guardia Costiera libica. Il ritorno in gran numero dei migranti (in Libia si calcola siano circa 700mila) finisce con l’attenuare i controlli concordati con l’Italia e l’Europa. Non a caso, a differenza dell’89 per cento riscontrato in Tunisia in Libia, il contenimento delle partenze, rispetto al 2023, non supera il 35 per cento.

Il terzo fattore, basilare per i trafficanti, resta però la certezza dell’«ultimo miglio» ovvero poter garantire alle proprie vittime che i soccorsi delle navi «umanitarie», in attesa al di là delle acque territoriali libiche, garantiranno la salvezza e l’arrivo in Italia.

L’ambiguo e perverso accordo non scritto tra chi incassa i soldi dei migranti e chi racconta di volerli salvare resta, insomma, l’ingranaggio da scardinare per metter fine al traffico di uomini e alle stragi del mare.

Commenti