Trovare casa in affitto a Roma è già di per sé una vera e propria odissea: annunci con camere più piccole di un armadio e canoni degni di un trilocale a Berlino complicano la vita a studenti e lavoratori che cercano una sistemazione nella Capitale. Ma evidentemente non bastava tutto ciò, e così c'è chi ha pensato bene di applicare il lasciapassare ideologico. Un recente post comparso su Facebook ha superato ogni livello di parodia: "La casa non ammette ragazzi etero perché ci sono delle ragazze e quindi la scelta ricadrà su una ragazza o un ragazzo gay". Benvenuti nell'era della discriminazione inclusiva.
Se fino a questo momento negli annunci venivano esclusi animali, fumatori e studenti Erasmus che lasciano la cucina come il set di un film post-apocalittico, ora spunta un altro filtro: niente etero. La motivazione? "Io donna mi voglio sentir libera di stare mezza nuda a casa mia, quindi la presenza di un ragazzo etero purtroppo non farebbe stare a proprio agio le ragazze". Insomma, la casa è composta da persone che fanno parte della comunità Lgbt, "quindi si preferisce una persona simile".
Certo, la convivenza è delicata. Chiunque abbia vissuto in un appartamento condiviso sa che gli equilibri sono sottili: si cercano persone affini, rispettose, tranquille. Ma c’è una differenza sostanziale tra cercare un coinquilino ordinato e stabilire che i maschi etero non sono ammessi per definizione. Un comportamento individuale può essere fastidioso, ci mancherebbe, ma un orientamento sessuale non può diventare un discrimine. Perché non si convive con la sessualità di qualcuno, ma con la sua educazione, con il suo rispetto.
Provate per un minuto a immaginare lo scenario ribaltato. Un post in cui si scrive: "La casa non ammette gay, si cercano solo ragazzi etero". Cosa accadrebbe? Apriti cielo. In tempo zero scatterebbero denunce sui social, indignazione collettiva e allarme omofobia. Invece, facendo i conti con un annuncio che esclude gli eterosessuali, si tende a minimizzare in nome della "preferenza di convivenza". Ma cambiare la direzione della discriminazione non la rende più accettabile: la rende solo più ipocrita.
Si tratta dell'ennesima dimostrazione di come - nel nome dell'inclusività retorica - si finisca per escludere, piantando nuovi recinti in cui si entra
solo se si possiede il requisito corretto del momento. "Non perdete tempo a polemizzare nei commenti perché neanche vi leggo", conclude il post su Facebook. Infatti, lasciamo che si commenti da sola.