Migranti, strage al largo della Libia

Affondano in 60, Ocean Viking: «Ne abbiamo salvati 25». Ma le Ong attirano i trafficanti

Migranti, strage al largo della Libia
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Altri sessanta morti. Un’altra strage di bimbi, donne e uomini al largo delle coste libiche. A raccontarla all’equipaggio della Ocean Viking, la nave di Sos Mediterranee che li ha soccorsi nel Mediterraneo centrale, sono stati i 25 superstiti della tragedia. Una tragedia consumatasi a bordo di un gommone in balia delle onde da sette giorni.

«I sopravvissuti sono partiti da Zawiya, in Libia, sette giorni prima di essere salvati, il motore si è rotto dopo tre giorni - spiega un tweet inviato dalla Ocean Viking - lasciando la barca alla deriva senza acqua e cibo. I sopravvissuti dicono che almeno 60 persone sono morte durante il viaggio, tra cui alcune donne e almeno un bambino». Due dei 25 sopravvissuti soccorsi dalla Ocean Viking sono stati evacuati dalla Guardia Costiera italiana nel corso della notte e trasportati in ospedale in Sicilia. I due, secondo il personale di Sos Mediterranee, sono svenuti a bordo della nave e il personale medico a bordo non è riuscito a rianimarli.

Insomma una tragedia consumatasi per mancanza di acqua e cibo in un tratto di mare battuto un tempo dalle motovedette della Guardia Costiera di Tripoli appoggiate e coordinate dell’Italia. Ma con l’aumento dell’influenza turca, e con l’infittirsi delle critiche ad una Guardia Costiera libica accusata di riportare i migranti nei famigerati centri di detenzione, il blocco delle partenze si rivela oggi meno efficace. E le acque territoriali di Tripoli e dintorni tornano ad essere un crudele mattatoio dove aumenta il numero dei migranti annegati o morti di stenti.
I 60 morti registrati ieri portano il bilancio di questi primi tre mesi dell’anno a 230 vittime. Nel 2023 stando ai dati di Iom (Organizzazione internazionale per le migrazioni) - i morti hanno toccato quota 3105.

A dar retta alle Ong la colpa sarebbe tutta di quel decreto-Cutro con cui il Ministro degli Interni Matteo Piantedosi ha fissato una serie di limiti alle attività delle imbarcazioni «umanitarie» imponendo il fermo-nave in caso di violazione. Ma le tesi delle Ong fanno a pugni con i dati del 2016.

Quell’anno nonostante le navi umanitarie non subissero limitazioni di sorta e operassero ai limiti delle acque territoriali libiche si registrò il funesto record di 5mila 136 scomparsi in mare. Quel precedente spiega bene come il fattore «attrattivo» creato dalla presenza delle navi umanitarie moltiplichi l’attività dei trafficanti e, di conseguenza, anche i naufragi. Del resto la rotta del Canale di Sicilia, come spiegano i dati di Iom, è quella da cui passa il 70 per cento dei carichi umani diretti in Europa. E questo nonostante l’attività di prevenzione - avviata dalla seconda metà del 2023 dal governo Meloni grazie alle intese con Tripoli e Tunisi - abbia ridotto del 70 per cento gli sbarchi. A fronte dei ben 19.937 arrivi registrati il 14 marzo di un anno fa oggi se ne contano appena 5.968. Il successo è particolarmente significativo sul fronte della Tunisia.

Da lì arrivarono nello stesso periodo del 2023 11 mila 988 migranti. Quest’anno i migranti partiti dalla Tunisia e sbarcati nel nostro Paese dell’anno sono invece appena 1328, con un decremento pari all’89 per cento.

Ma anche i dati della Libia nello stesso periodo dell’anno fanno ben sperare. Al 14 marzo gli sbarchi sono passati dai 7.071 del 2023 ai 4.598 di questo 14 marzo con un calo pari al 35 per cento.

Il problema ancora irrisolvibile è l’entità dei flussi migratori che raggiungono le coste della Libia. Stando allo Iom nella nostra ex colonia vi sono almeno 700mila migranti provenienti da Sahel Africa centrale e Medio Oriente.

Una marea umana che per fortuna si muove solo marginalmente verso le nostre coste.

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