Esaltarsi per la gestione della pandemia senza un metro di paragone scientifico di valutazione delle decisioni assunte ed alle misure adottate. Eccola, la strategia che hanno seguito l’ex ministro della Salute Roberto Speranza e il Cts, come emerge con profonda chiarezza dall’audizione in commissione d’inchiesta Covid del presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, desecretata ieri.
Il senatore Antonella Zedda (FdI) fa notare a Locatelli che il capitolo 6 del famigerato piano segreto (o piano anti-Covid) costruito in fretta e furia tra febbraio e marzo 2020 con la collaborazione del matematico Stefano Merler, si intitola “Monitoraggio e valutazione” e nel suo ultimo aggiornamento dell’11 marzo 2020 prevede che «verranno definiti indicatori di processo e di esito per valutare l'impatto delle misure adottate dal presente piano».
Un piano che in una concitata conferenza stampa del 21 febbraio 2020, proprio l’ex ministro della Salute aveva confermato alle telecamere che sarebbe stato attuato: «L’Italia è pronta, avevamo preparato un piano perché era evidente che quanto accaduto poteva accadere. Ora si tratta di attuare il piano predisposto».
In buona sostanza il piano segreto anti-Covid, desecretato grazie ad un ricorso al Tar dell’attuale capogruppo Fdi alla Camera Galeazzo Bignami, prevedeva che venissero forniti degli indici di valutazione che consentissero al Cts di capire se le misure adottate e le decisioni prese durante la prima ondata fossero state efficaci o meno. Anche e soprattutto per capire cosa fare e cosa non fare nel caso di una eventuale seconda ondata, che poi si sarebbe verificata. Si trattava insomma di capire cosa avesse funzionato e cosa no.
Sulla base di queste premesse, il senatore Zedda aveva chiesto lumi su questi "indicatori" a Locatelli, in caso di risposta affermativa di esibirli alla commissione Covid. La risposta lapidaria: «No, sono state sostanzialmente effettuate tutta una serie di analisi che facevano riferimento all'identificazione di nuovi casi di particolari catene di trasmissione in determinate aree e all'impatto poi in termini di occupazione dei posti letto e, più tristemente, di numero dei soggetti deceduti». Zedda (Fdi) aveva voluto ribadire il concetto: «Di fatto non è stata fatta un'analisi delle misure applicate?». E Locatelli conferma: «No, è stata fatta su questi indicatori».
Ma non è tutto. Perché tra la prima e la seconda ondata sarebbero passati cinque mesi, preziosissimi per prepararsi ad una quasi scontata seconda ondata preannunciata sempre a beneficio di giornalisti e telecamere proprio da diversi membri del Cts Cosa avranno Speranza e il Cts in tutto questo tempo? «Le risulta che, tra la prima e la seconda ondata, quest’ultima da lei ampiamente prevista, sia stato istituito presso il Cts un tavolo di lavoro per redigere un documento di post valutazione delle lezioni apprese? Se sì, ci può fornire questo documento?», chiede ancora la Zedda.
La risposta? «No. Non mi risulta che vi fosse un tavolo di lavoro specifico per i dati a cui fa lei riferimento». Nessuna valutazione strutturata, nessuna analisi ex post delle decisioni che hanno inciso sulla vita, sulla libertà e sulla salute di milioni di italiani. Cts e ministero della Salute hanno scelto di misurare tutto tranne ciò che contava davvero: l’efficacia delle proprie scelte. Così, mentre le misure venivano riproposte, irrigidite o replicate nella seconda ondata, mancava deliberatamente ogni strumento per dire se fossero giuste o sbagliate. Non un errore, ma una precisa impostazione: governare senza essere giudicati dai fatti.
In questo vuoto di metodo scientifico,
l’unica valutazione rimasta è stata quella autoreferenziale. E quando chi decide si proclama “bravo” da solo, senza prove, il problema non è solo sanitario: è profondamente politico ed intacca una democrazia alla radice.