"Quando ho sentito la notizia della tragedia avvenuta sulle coste del Mar Ionico, ho avvertito gran parte di quel dolore che ho provato quando, quale Comandante marittimo della Sicilia, coordinai il recupero a terra del peschereccio egiziano inabissatosi il 18 aprile 2015, con 900 cadaveri di migranti illegali". L’ammiraglio di divisione Nicola De Felice, ha maturato una grande esperienza durante una carriera militare di prim’ordine, con incarichi di comando delle più prestigiose unità della nostra Marina. Ha operato ampiamente nelle acque del Mediterraneo acquisendo una grande esperienza sul tema delle traversate della disperazione.
Ammiraglio, che idea si è fatto sulla tragedia avvenuta sulle coste calabresi?
"Innanzitutto, mi unisco al cordoglio generale per questa grande tragedia che conta tante vittime. Purtroppo, questi migranti clandestini si affidano a dei criminali inqualificabili, si imbarcano in condizioni di mare che non conoscono accettando condizioni dettate da trafficanti di esseri umani. La barca utilizzata per questa traversata è sicuramente inadeguata per un numero così grande di persone, si potrebbe ipotizzare che siano state accompagnate per un certo tratto del tragitto da una nave “madre” più grande".
Errori, rilievi che non corrispondono, analisi contrastanti, di sicuro, ci sono solo le tante vittime il cui numero con il tempo sta salendo…
"Dobbiamo attendere e rispettare le indagini che sono ancora in corso che faranno emergere come si sono svolti i fatti. La cosa che ci deve portare ad una riflessione invece riguarda il luogo di partenza di questi trafficanti di esseri umani, che, partiti dalla Turchia hanno attraversato indisturbati le acque territoriali Turche e Greche. Il primo è uno stato NATO, il secondo è uno stato della Comunità Europea, perché non hanno scelto la Grecia come porta d’ingresso per l’Europa? Forse perché le politiche di accoglienza sono completamente diverse da quelle italiane? Se fossero entrati in Europa dalla Grecia, questa tragedia si sarebbe evitata…Inoltre, attualmente non risulta nessun tipo di richiesta di aiuto da parte della barca, sembra che, gli scafisti criminali, avessero addirittura sequestrato tutti i cellulari agli imbarcati, evidenziando tutta la loro incompetenza, quando il mare si è fatto “grosso”, non hanno inviato messaggi di richiesta di soccorso".
Anche le motovedette della Guardia di Finanza, pur uscite in mare, sono state costrette a tornare verso il porto a causa delle condizioni avverse del mare; cosa si poteva fare in quelle condizioni metereologiche?
"La volontà di salvare vite umane, da parte delle nostre unità marittime, è assolutamente fuori discussione. Quando il mare ha condizioni metereologiche così proibitive, si creano situazioni di altissimo rischio anche per unità navali più grandi. Ricordiamoci che le nostre forze marittime hanno battelli di grande livello operativo, che hanno svolto il loro lavoro molto spesso in situazioni di grande difficoltà, ma quando il mare è veramente molto mosso, qualsiasi trasbordo di persone non è assolutamente effettuabile. Poi ci può essere anche un altro aspetto da considerare…".
Quale?
"Alcune testimonianze raccontano che l’imbarcazione dei trafficanti di uomini era ad una piccola distanza dalle coste della Calabria, (anche l’alto numero dei superstiti porta a questa ipotesi), probabilmente la richiesta di SOS da parte dei criminali scafisti, non è stata lanciata perché erroneamente pensavano di riuscire ad approdare. Con quelle condizioni metereologiche, purtroppo, tutto può succedere in pochi minuti".
Cosa si deve fare affinché queste tragedie non si ripetano?
"Una cosa è molto chiara: il 94% di coloro che tentano di arrivare in Italia, lo fa solo per motivi economici. Continuare con questo flusso ininterrotto, non solo potrà portare al ripetersi di fatti come quelli successi pochi giorni fa sulle coste calabresi, ma sul lungo periodo, continuare ad accogliere centinaia di migliaia di clandestini, potrebbe mettere a rischio gli equilibri sociali, economici e di sicurezza del nostro Stato"
Quindi?
"Sconfiggere, una volta per tutte, le organizzazioni criminali che gestiscono il mercato degli esseri umani; lo Stato italiano adotti linee d’azione da concordare con l’Ue, l’Onu, gli Stati di provenienza, gli Stati di transito dei migranti clandestini, nonché con gli Stati di bandiera delle navi Ong, passando dalla dimensione organizzativa e giuridica nazionale a quella multinazionale. In sostanza, una vera e propria operazione civile e militare internazionale, che preveda quale “conditio sine qua non”, il consenso ed il coinvolgimento diretto dei governi della sponda sud del Mediterraneo riconosciuti dall’Onu, l’aggregazione di nazioni europee, l’istituzione di hot-spot in Africa - non distanti dagli Stati di origine - finanziati dall’Onu, gestiti e controllati dall’Ue per la definizione della protezione internazionale e dell’eventuale concessione dell’asilo politico. Per chi non ne abbia diritto, l’Ue pianifichi e programmi il rientro – volontario o forzato – negli Stati di origine previ accordi bilaterali che includano clausole persuasive di carattere economico, militare, diplomatico e di cooperazione commerciale. Siano condivisi con le locali forze dell’ordine il comando e controllo, la sorveglianza, il pattugliamento misto nelle acque territoriali. Lo scopo primario dell’operazione sia quello di interdire e debellare la tratta degli esseri umani e ogni discendente tentativo di migrazione illegale e clandestina dalla Libia, dalla Tunisia o da altra provenienza, verso l’Europa".
In questo quadro come andrebbe gestita l'attività delle Ong?
"In merito agli Stati di bandiera delle navi Ong come la Germania e la Norvegia che insistono nell’indicare l’Italia quale unico punto di approdo, incoraggiando con il loro fattore attrattivo il business della tratta degli esseri umani, rispettino il Regolamento Ue di Dublino che impone a quegli Stati – ove avviene il primo passaggio illegale della frontiera europea – la responsabilità della protezione internazionale di eventuali profughi e del collegato asilo politico.
Il complesso delle regole internazionali ed europee pone in capo allo Stato di bandiera l’obbligo – sanzionabile sul piano del diritto internazionale – di esercitare un’efficace funzione normativa ed effettivi poteri di controllo, di certificazione e sanzionatori a tutela di interessi ascrivibili alla comunità internazionale nel suo complesso, come la vita umana o l’ambiente marino. Senza una bandiera una nave non può navigare".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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