Truffa sul click day, in manette cinque persone

Attraverso un finto Caf il sodalizio, secondo i pm, preparava l'ingresso in Italia di migliaia di stranieri irregolari. La denuncia del premier Meloni l'estate scorsa all'Antimafia sugli abusi del decreto Flussi

Truffa sul click day, in manette cinque persone
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La denuncia del premier Giorgia Meloni di qualche mese fa («il click day in Campania e al Sud maschera ingressi clandestini») trova l’ennesima conferma nell’inchiesta della Procura di Livorno, che ha arrestato cinque persone per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Sono stati i carabinieri del Comando provinciale di Livorno, a eseguire tra le province di Napoli e Grosseto l’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari del gip del Tribunale di Livorno per cittadini del Napoletano considerati responsabili secondo la Procura anche di sostituzione di persona e falsità materiale commessa da privato.

Un anno fa circa i tecnici dell’Arma avevano intercettato modalità insolite di accesso al portale del click day previsto dal decreto Flussi per la regolarizzazione di lavoratori stagionali. Da lì si è scoperta l’esistenza di una sorta di Caf abusivo specializzato nella predisposizione di migliaia di domande di ingresso in Italia di presunti lavoratori extracomunitari, con falsi documenti riconducibili a ignari legali rappresentanti di centinaia di aziende (una ventina quelle livornesi). Una successiva perquisizione ha permesso di scoprire pc, cellulari smartphone e dispositivi di archiviazione digitale, timbri clonati di Amministrazioni Comunali e professionisti, centinaia di documenti di identità falsi e digitalizzati e corposi faldoni con decine di migliaia di false richieste di assunzione, immediatamente bloccate sul nascere, che avrebbero portato alla regolarizzazione solo formale di migliaia di stranieri.

Proprio lo scorso giugno era stata la stessa Meloni a denunciare al procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo le mire

della camorra e delle altre organizzazioni criminali dietro il click day, con evidenti discrepanze tra i visti concessi e le assunzioni effettuate, soprattutto in Campania. L’inchiesta di Livorno ne è l’ennesima conferma.

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