Nei giardini di via Palestro sboccia la nuova «Orticola»

Domizia Carafòli

Un intervallo di sole in una primavera burrascosa e Orticola fa sbocciare la sua undicesima edizione ai giardini di via Palestro, oggi dedicati a Indro Montanelli. 135 espositori in un profluvio di rose moderne e antiche, clematidi sinuose, aquilegie color amaranto, hosta screziate, timo in fiore, lavande profumate come vecchie dive, pelargoni, iris dalle forme liberty, peonie quasi spudorate nella loro opulenza. Fino a domani, dalle 10 alle 19, Milano, si prende una pausa. Dalle furenti campagne elettorali pregresse e in corso, dalla violenza politica e comune che serpeggia sotto l’apparente vita civile. La città intossicata si ferma e aspira il profumo tenue della rosa banksiae. Grazie Orticola, anche se al di fuori dell’hortus conclusus di via Palestro la realtà non è color di rosa. Lo ha ricordato all’inaugurazione il vice sindaco Riccardo De Corato, anima floreale che ha sempre appoggiato la manifestazione nata undici anni fa dall’impegno dell’antica Società Orticola di Lombardia: «Nel corso della nostra amministrazione abbiamo coperto di fiori e arbusti 21.000 metri quadrati di aiuole milanesi. La maggior parte sono stati asportati o distrutti». Pazienza, anche il seme del civismo prima o poi attecchisce e non c’è terreno arido dove non nasca qualcosa. Lo dimostra proprio l’edizione 2006 di Orticola dove, ad esempio, fa bella mostra di sé una pianta da sempre considerata un’erbaccia: l’ortica, dalla quale invece si ricava un prezioso filamento. L’ortica si trova al «Giardino dei tessuti», una delle sezioni a tema della manifestazione, accanto al cotone, alla pianticella del lino, alla canapa, alla juta, all’esotico kapok, al cocco. Ma altrettanto seducente la spazio dedicato alle «Preferite di Orticola»: piante insolite, rare o in via di estinzione. Non sempre le più sgargianti, ma preziose, e confermano la scelta della manifestazione di sottolineare, nel panorama del vivaismo italiano, più che il facile effetto, la ricerca, il rispetto degli equilibri naturali.
Dei quattro primi premi, infatti, quello per il miglior allestimento è andato al vivaio «Il posto delle margherite» che ha costruito una sorta di piccolo giardino scosceso fitto di piantine incantevoli quanto poco appariscenti. Vistosa invece l’«aloe dicotoma» dei Fratelli Colombo, altro premiato con il vivaio Ninfa Tani per la superba collezione di viburni e con Dino Pellizzaro, piccolo vivaista che propone una scelta di piante adatte al clima mediterraneo.
Lo scopo della manifestazione si rivela quindi sempre più come qualcosa che va al di là della mostra-mercato, ma diventa un’intelligente didattica, un insegnamento alla conoscenza reale del mondo verde.

In questo senso va anche il progetto di restauro finanziato da Orticola per i Giardini Perego in via dei Giardini, destinati a scomparire con il piano regolatore del 1934 e salvati dall’intervento dell’architetto De Finetti (speriamo si possa fare altrettanto per gli alberi ad alto fusto minacciati in molte piazze dai progettati scavi per i parcheggi).

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