Emmanuele Gerboni
«Al momento della nostra morte mettete un disco di De Andrè, Gaber o Tenco, oppure un concerto del compianto Umberto Bindi. E se la trovate Creuza de Ma». Nel testamento vergato sui muri da Marco Sartori anche un ricordo della nostra Genova. Nelle note di chi ha cantato e raccontato in giro per il mondo la città della Lanterna. Orsara Bormida, poche anime ad un passo da Ovada, si sente ancora sulla pelle lorrore per quella scoperta. La madre di Sartori mummificata dentro un armadio ormai da tre anni. La scoperta dopo la morte dell'uomo, schiacchiato dalla sua Panda. Il dramma, invece, lo leggi in quelle frase scritte sulle pareti di casa. La cornice di un dipinto della follia. Per capire basta osservare e sentire. Un odore insopportabile, confusione, sporcizia, decine e decine di medicinali per il mal di testa mai usati. Bottiglie di plastica schiacciate e sistemate una sopra laltra. La casa degli orrori si presenta così, lo specchio della solitudine in cui viveva Sartori dopo la morte della madre. E poi le scritte sui muri. Un testamento in cui Sartori prova a spiegare le ragioni di quel gesto, di quel desiderio di sfidare limpossibile per ritrovare la madre. Non sopportava lidea di non rivederla più. Cè una frase tra centinaia. Sottolineata, evidenziata. «Nessuno ci avrebbe diviso, mammina mia. Per sempre uniti, per sempre».
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