Andrea Nativi
Chi primo arriva meglio alloggia! Il detto è quanto mai appropriato in qualsiasi operazioni di peacekeeping, perché anche se apparentemente tutti i Paesi e i contingenti che prendono parte a una missione sono uguali, in realtà tre fattori sono cruciali per determinare le aree di responsabilità di ciascuno e le infrastrutture che si potranno utilizzare: la consistenza delle forze messe a disposizione, lordine di arrivo sul terreno e labilità e il peso diplomatico.
LItalia, dopo aver subito una serie di «sconfitte» (per tutte quella del 1991, nella prima guerra del Golfo, quando i nostri aerei finirono nei lontani Emirati Arabi Uniti) ha imparato la lezione, e ora è in grado di giocare il «derby» con la Francia quasi ad armi pari. La Francia ha il vantaggio di avere il comando della missione e di aver inviato in Libano un primo nucleo di circa 200 uomini già nelle scorse settimane, in aggiunta agli uomini presenti in Unifil 1. LItalia in compenso, oltre ad avere a sua volta una presenza in Unifil 1, è anche il primo Paese a inviare nel Libano meridionale una forza davvero significativa, per quantità e qualità.
E i nostri stati maggiori, dopo aver effettuato, con discrezione, sondaggi e ricognizioni e aver discusso con le autorità di Beirut, sanno benissimo dove preferirebbero vedere schierato il nostro contingente: quanto più a ridosso del mare, dove è facile ricevere il supporto delle unità navali, dove passano le strade principali, dove il terreno è meno difficile e... dove il livello della minaccia è minore, perché si è lontani dalla Siria, dalle zone montagnose e collinari meno accessibili dove Hezbollah aveva i suoi capisaldi, e dove più si è combattuto, lasciando sul terreno una grande quantità di pericolose munizioni inesplose (UXO). Si è anche verificato, ad opera del Sismi, quale potrebbe essere il grado di ostilità nei confronti dei soldati italiani da parte di miliziani e gruppi locali e quale il livello di minaccia in prospettiva.
Nella fase iniziale i nostri soldati si stanno attestando, se non proprio sulle spiagge, almeno a non più di 20 km dal mare, mentre si è riusciti ad ottenere l'utilizzo di caserme libanesi, che pur essendo completamente da ristrutturare sono sempre meglio di un campo di tende. Ma la partita è tuttaltro che finita, anche perché la dislocazione di «entrata» potrebbe non essere quella definitiva.
Inutile dire che tutti aspirano alle posizioni migliori, più comode e meno rischiose. Vedremo se lItalia saprà farsi valere, nella consapevolezza che una sconfitta in questa fase può condizionare la partecipazione a una missione che potrebbe essere davvero senza fine.
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