(...) «offerta vincolante» che la compagnia francese ha fatto pervenire a Roma. Il documento, che più che a una proposta somiglia al diktat di un Paese vincitore a uno vinto, non lascia infatti alcun margine alle trattative sulla moratoria richiesta dai politici del Nord e contiene altri tre siluri che sembrano fatti apposta per impedire che l'aeroporto varesino torni presto a prosperare.
Il primo è la clausola secondo cui «lo Stato italiano deve mantenere l'attuale portafogli dei diritti di traffico di Alitalia (tranne quelli non esercitati da Alitalia per un periodo di dodici mesi) e fornire collaborazione e assistenza nel caso di difficoltà con Paesi extraeuropei, in particolare nel caso in cui i diritti di traffico di Alitalia possano essere pregiudicati, o possa esserne ostacolato l'accesso al mercato».
Nonostante il linguaggio un po' contorto, si direbbe che Air France voglia impedire che i vuoti lasciati da Alitalia a Malpensa vengano subito colmati da altre compagnie, che potrebbero addirittura stabilirvi il proprio hub europeo.
Il secondo siluro è la decisione di chiudere entro il 2010 le operazioni di Alitalia cargo, che attualmente rappresenta una delle attività in maggiore sviluppo dello scalo e che, per quanto ci risulta, non avvengono in perdita.
Sembra perciò che abbia ragione il sindacato piloti, quando afferma che i francesi vogliono, sic et simpliciter, mettere le mani sul lucroso traffico delle merci italiane.
Infine, Air France pretende che la Sea ritiri la sua richiesta di 1,25 miliardi di danni all'Alitalia, o in alternativa che se ne faccia carico lo Stato italiano: in altre parole, non solo i francesi vogliono uccidere Malpensa, ma si rifiutano anche di pagare per il suo funerale. E, incredibilmente, Prodi li asseconda, intimando alla Sea di fare macchina indietro.
Se a queste condizioni iugulatorie si aggiunge che l'offerta finanziaria ammonta a meno di un quinto di quanto la compagnia capitalizzava venerdì e che (come ha rivelato ieri Il Giornale) in totale i francesi mettono sul tavolo meno soldi di quanti ne vale la sola partecipazione del 2 per cento della stessa Air France che l'Alitalia ha in portafoglio, è legittimo il dubbio - già avanzato da Formigoni - che la compagnia parigina punti in realtà su un rifiuto, di cui governo e sindacati italiani dovrebbero assumersi la responsabilità. Infatti, essa ha lasciata aperta la strada per una «offerta migliorativa», di fronte alla quale si ritirerebbe. E' dunque venuta l'ora della verità per Air One, per Unicredit, per gli imprenditori lombardi che - a parole - sembravano disposti a scendere in campo.
Senza un loro intervento, un no significherebbe un fallimento quasi immediato, perché le casse di Alitalia sono vuote e da Bruxelles è già arrivato l'alto là contro eventuali aiuti di Stato.
Ma, tutto ben considerato, perfino questa soluzione radicale potrebbe essere, per Malpensa, meno traumatica della svendita.
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