«Nessuna fusione a freddo, non faremo l’errore del Pd»

Roma Presidente Cicchitto il pranzo tra Fini e Berlusconi segna un punto di partenza per il processo di fusione. Ora vi aspetta la definizione dei ruoli e la scrittura di regole comuni. Da dove si inizia?
«Non dobbiamo dimenticare che alle nostre spalle abbiamo due pilastri su cui fondare la nascita del Popolo della Libertà: la manifestazione del 2 dicembre del 2006 e i risultati delle ultime elezioni che hanno segnato la volontà popolare. Solo dei pazzi potrebbero mettere in discussione quanto gli elettori ci hanno indicato. Si tratta di una spinta ineludibile sia per i leader sia per i quadri».
An e Fi: due partiti, due storie. Ciascuno afferma di non voler imporre il proprio modello ma anche di non essere disposto a diventare subalterno all’altro...
«L’appartenenza ad aree politico-culturali diverse non è un ostacolo insormontabile perché non sono inconciliabili. Ci sono i termini per un avvicinamento, le due formazioni possono mescolarsi così come negli ultimi decenni si sono mescolate e ricombinate le culture politiche».
L’aspetto più complesso?
«Più difficile da affrontare l’unione di due forme di partito molto diverse. Fi è una forza politica più magmatica, trainata da un grande leader che manca della dimensione del confronto politico interno. Questa forte componente però leaderistica ce la teniamo cara. Tanto più che i leader del centrosinistra vanno tutti a ramengo. L’operazione da fare è conciliare la dimensione leaderistica con la vita democratica del partito. Tutta diversa la storia di An fatta di correnti e confronti interni sfociati anche in rotture».
Ma il Pdl sarà un partito del leader o un partito radicato sul territorio? Si comincia a parlare di monarchia costituzionale.
«Quella della monarchia è una battuta. Certamente alla leadership vanno affiancate le strutture: un esecutivo, una direzione nazionale. Un’articolazione in organismi dirigenti che si riuniscano periodicamente».
Ma il Pdl punterà ad un maggiore radicamento sul territorio?
«Guardiamo alla strutturazione del voto. Vediamo due aree di stabilità politica. Al Nord il centrodestra con Fi, An e Lega. Poi le zone rosse dove il Pd è sopravvissuto grazie alla cannibalizzazione dell’estrema sinistra. Infine una terza area, quella del Sud, che ha cambiato più volte collocazione politica tra i due poli, schierandosi spesso in contraddizione con chi governava. La Lega al Nord sta facendo un lavoro egregio, riesce a conciliare i messaggi positivi di quanto si fa a livello nazionale ed il lavoro specifico sul territorio, magari scaricando su altri le cose che non vanno».
E il Pdl invece?
«Bisogna ammettere che An e Fi si sono un po’ sedute. Dobbiamo rimetterci in moto. La nostra non deve risultare una fusione a freddo. Dobbiamo dare una funzione al partito dentro i gruppi parlamentari, dove i rapporti sono positivi e di grande collaborazione: nessuno fa più caso alla provenienza. Ora si deve allargare questa collaborazione. C’è l’esigenza di un rapporto più organico tra i ministri, i gruppi parlamentari ed il partito. Occorre saldare i pezzi».
Dunque un piano per la conquista del Nord ed uno per ridare fiato al Sud?
«Dobbiamo spendere più energie sul territorio al Nord. E per il 2009, anche se le risorse sono poche, occorre un piano politico programmatico per il Mezzogiorno».
Ma al Nord non darete fastidio alla Lega?
«Io dico concorrenzialità nell’alleanza. Ognuno fa la sua parte».
C’è chi pensa che la fusione sarà una operazione in perdita.
«Senza dubbio si tratta di una scommessa. Dobbiamo puntare ad una dimensione progettuale non ad una fusione a freddo. Però abbiamo una fortuna: guardare agli errori commessi dal Pd e non ripeterli».
Molti si chiedono quale sarà il ruolo di Fini.

Il numero due?
«Fini ha da un lato un ruolo istituzionale che gli dà statura e visibilità e dall’altro una storia politica personale che lo ha portato a guidare un partito di centrodestra europeo che ha posizioni filoisraeliane ed antifasciste. Non avrà problemi di ruolo. Chiaro che la leadership conquistata sul campo è di Berlusconi».

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