Come un link internettiano che ti fa rimbalzare qua e là per poi, magari, tornare al punto di partenza. Come un gioco fatto di chat e seduzioni bugiarde nel quale perdersi, ingannare il tempo senza troppa convinzione. Ma a perdersi sono state, nella realtà, tre vite: quelle delle vittime e quella del loro assassino.
Forse Gaetano De Carlo, a modo suo, le amava, Maria e Sonia. Sicuramente, le ha uccise. In meno di dieci ore lui, 55enne carrozziere di origini napoletane, non ha fatto una strage di cuori, ma di corpi, ed è finito nella gabbia che s’è costruito a colpi di reazioni scomposte e violente, di brutalità, di un machismo degno di miglior causa.
Nella notte lascia il suo appartamento di via Carlo Porta 17 a Vailate, in provincia di Cremona, dove vive solo. E si precipita in auto all’appuntamento con l’orrore. La prima a cadere, freddata da tre colpi di pistola in volto, gesto estremo dettato dall’illusione inconscia di cancellare l’identità dell’obbiettivo, persino il suo ricordo, è stata Maria Montanaro, 36 anni. Non era un’amica occasionale, bensì una sua compagna, anche se molto pentita e ormai decisa a troncare definitivamente ogni rapporto. De Carlo si presenta intorno alle 7,30 a casa sua, a Riva di Chieri, in provincia di Torino. La solita discussione animata, le solite minacce, nemmeno troppo velate, sotto gli occhi del labrador Lola. Poi, gli istanti fatali e la fine. Quindi la fuga in auto, per tentare di affogare nella rabbia bestiale l’ombra dell’accusa che lo rincorre: omicidio premeditato. Sì, perché si parla di un sms contenente le parole agghiaccianti della condanna: «Vengo lì e ti sparo».
La macchina delle indagini parte in quarta, alimentata dai contatti immediati con la sua ristretta cerchia di frequentazioni e dalle intercettazioni telefoniche. Sulle prime i carabinieri torinesi temono soprattutto la fuga all’estero, verso la Francia. Invece no, il sangue ha scatenato la belva. I precedenti penali incisi sulla sua fedina, tutti riguardanti violenze ai danni di donne, sono ormai poca cosa di fronte a quanto ha appena commesso. Ma i posti di blocco vengono dribblati, e nella mente sconvolta si fa strada il proposito peggiore: colpire ancora, azzerare «l’altra», la seconda e ultima ipotesi di normalità, di pace.
De Carlo, ormai, non è più soltanto un maniaco dello stalking collezionista di prede da insidiare. Con ogni probabilità non sa nemmeno d’esser stato per due volte denunciato da due signore torturate a lungo con telefonate e visite indesiderate. Così torna sui suoi passi, verso casa. Il nuovo obbiettivo è infatti Sonia Balconi, 42 anni, che abita a Rivolta d’Adda, nel Cremonese. Il cerchio intorno all’assassino si sta stringendo rapidamente, ma non abbastanza da mettergli al collo il cappio che lo inchioda alle sue responsabilità.
E nel pomeriggio, intorno alle 17,30, De Carlo tende l’agguato alla seconda vittima. Sa che, rientrando dal lavoro, percorrerà la strada che costeggia il Parco della Preistoria di Rivolta e lì l’attende. Un primo colpo di pistola contro il finestrino. Lei riesce a fuggire per qualche metro, prima che altri tre colpi alla testa la lascino agonizzante a terra. A chi la soccorre fa in tempo a mormorare «È stato Gaetano».
Ormai lo sanno tutti: è stato Gaetano. E il marito di Sonia, che per ben sette volte aveva fatto scattare la denuncia per stalking, se lo sentiva che sarebbe finita così.
La gente urla la propria voglia di giustizia, proprio mentre la belva va anch’essa a morire, lontano dalla tana, a Cornegliano Laudense, nel Lodigiano, sparandosi con la stessa arma usata per stroncare due amori impossibili. A casa sua trovano un biglietto di scuse. L’ultimo link di una navigazione naufragata nel sangue.(Hanno collaborato Simona Lorenzetti e Flavia Mazza)