Premio Paganini senza vinti né vincitori: si è conclusa così, senza l'assegnazione dell'ambito titolo, la 52° edizione del concorso violinistico tra i più importanti al mondo. È la sedicesima volta nella storia del Premio, dal 1954 ad oggi. La giuria presieduta dal grande violinista Zachar Bron non ha ritenuto idoneo nessun concorrente, confermando la severa linea di giudizio che ha portato in finale solo quattro concorrenti. Verdetto sereno e giusto, del resto il «Paganini» richiede, per tradizione, esecuzioni pressoché perfette; e in realtà nessuno dei finalisti ha soddisfatto appieno le aspettative.
Tutti di altissimo livello artistico, con un'indiscussa preparazione tecnica, ma non «perfetti»: a ciascuno mancava qualcosa. Anche se, a onor del vero, bisogna riconoscere che tutti sono arrivati in fondo sfibrati, senza riuscire quindi a dare il meglio di sé, sfiniti dopo un'intensa settimana di prove, studio, tensioni, in cui hanno sfoderato tutto lo scibile violinistico. Saranno anche ragazzi pieni di energia, ma è indubbia la (troppa) fatica fisica e psicologica.
E ora veniamo a loro, i protagonisti di questa virtuosistica carrellata musicale. Se i più «gettonati», rispetto naturalmente alle prove precedenti, erano la nostra Francesca Dego e il russo Evgeny Sviridov, ironia della sorte ha voluto che il secondo e terzo premio (questi assegnati) toccassero ai due ventunenni statunitensi (entrambi di origine coreana), per l'esattezza a Stephanie Jeong (cui è stato assegnato anche il premio di 2.000 per la migliore esecuzione del concerto di Paganini) e Sean Lee.
Più costanti nelle loro esecuzioni, senza eccessi quindi nel bene e nel male, sono riusciti ad affrontare i due concerti con l'orchestra con maggior controllo sui nervi, senza grossi errori, anche se non perfettamente puliti nell'intonazione e soprattutto non così «caldi» nell'interpretazione. Peccato per la Dego (premio «Costa» di 3000 per il più giovane concorrente) che ha eseguito forse il miglior concerto a scelta (Caikovskij), più «italiano», quindi più sanguigno e appassionato, ma che non ha suonato un brillante Paganini, con un paio di errori piuttosto gravi.
Un po' di amaro in bocca anche per Sviridov (al quale tuttavia sono andati due premi speciali per la migliore interpretazione dei «Capricci» e per la migliore esecuzione del pezzo commissionato), che ha dimostrato una tecnica saldissima, con estrema facilità nei virtuosismi, ma con diverse imprecisioni di intonazione in Paganini e con una scarsa cantabilità in Caikovskij, eseguito troppo veloce e senza ampi respiri.
Pubblico piuttosto stanco, ma soddisfatto, non ha espresso malcontento. Ora non ci resta che attendere il 2010.
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