
Ma che piacere ascoltare le nuove canzoni di Niccolò Fabi impacchettate nel disco Libertà negli occhi. C'è quiete, in queste nove melodie, e c'è anche musica suonata bene e dal vivo perché il disco è stato registrato praticamente in montagna.
«Siamo stati quindici giorni allo Chalet del Lago dei Caprioli in provincia di Trento, dieci giorni per la musica e cinque per il missaggio. Eravamo in sei a suonare più due tecnici e speravo che quello fosse il posto giusto per far nascere cose belle. Non volevo starmene in ciabatte nello studio di casa».
E in effetti il risultato è di sorprendente eleganza e di bel calore delle emozioni come ormai capita raramente di sentire nella musica. «È un disco molto suonato dal vivo proprio per restituire lo spirito che stavamo respirando in quel posto». Niccolò Fabi, che ha 57 anni e un lungo curriculum alle spalle, ha il raro privilegio di non invecchiare perché la sua cifra musicale non è specchio delle mode. Anzi, a pensarci bene, la coerenza stilistica di questo cantautore romano restituisce quello che forse la mancanza di ipervisibilità gli ha negato finora, ossia l'attenzione anche di un pubblico più giovane che ha bisogno di riconoscersi in qualche parola più pensata, raffinata, sentita rispetto al 90% delle canzoni che girano intorno. «Vero, negli ultimi dieci anni ho notato un netto aumento di persone che mi guardano con più attenzione, anche giovani». Il merito è anche lavorare con una squadra che ha sposato il mio modo, e il mio modo è un modo che va verso la quiete». Lo sta confermando anche in questi giorni, il pacatissimo Niccolò Fabi, incontrando il pubblico nelle librerie Feltrinelli di mezza Italia (ad esempio stasera sarà a Catania in via Etnea).
E lo farà anche al vernissage definitivo del disco, il 14 giugno poco distante da dove è stato registrato, ossia nella Località Palù di Vermiglio in Val di Sole: «Speriamo di rendere bene l'atmosfera del disco», dice lui emozionato come un bambino. «Mi sento più scrittore - confessa - e mi piace sempre di più essere stimato che riconosciuto». È la frase che identifica bene un artista che ha trovato il giusto equilibrio tra riflessione e creatività.