«Il piano industriale di Alitalia è una dichiarazione di guerra al Nord e alla sua economia». Non ha usato mezzi termini il capogruppo alla Camera Roberto Maroni annunciando ieri a Palazzo Marino l’autunno caldo della Lega. L’ordine è di Umberto Bossi, nessuno sconto alla compagnia di bandiera che ha annunciato il ritiro da Malpensa per puntare su Fiumicino. «I lombardi pagano per la solita guerra di Roma contro Milano», tuona Matteo Salvini. «Ma la Lega reagirà con tutti i mezzi - annunciano Salvini e Maroni, a fianco del capo dei senatori Roberto Castelli -. Organizzeremo manifestazioni da far impallidire quelle viste negli ultimi anni». Lega in piazza, dunque, con cortei, manifestazioni, raccolte di firme. E poi una mozione parlamentare che impegni il governo «a respingere il piano proposto da Alitalia in quanto incompatibile con logiche industriali». Il rischio? «Un danno di un punto e mezzo per il Pil della Lombardia - spiega Castelli -. Almeno 16 miliardi di euro all’anno per l’economia del Nord e dunque per tutto il Paese».
Una decisione deleteria anche per la stessa compagnia, sostiene l’ex ministro, la cui crisi cominciò negli anni Novanta con il progetto Leonardo, la decisione di trasformare Fiumicino in un hub internazionale. Il risultato? «Un fallimento allora. E sarà un fallimento anche oggi - prevede Castelli -. Un milanese l’aereo non andrà mai a prenderlo a Roma, piuttosto sceglierà Zurigo o Francoforte. E Alitalia oggi perde ogni giorno 800 milioni delle vecchie lire. Quella dei dirigenti è una resa di fronte ai diktat del sindacato. Inconcepibile che voli con i posti venduti per l’80 per cento siano in passivo». Più comprensibile se si ricorda l’impegno, mai mantenuto, di spostare a Milano 1.500 dipendenti. Con il risultato che gli equipaggi continuano a viaggiare (e a dormire in albergo) a spese della società con i conti sempre più in rosso.
A parlar chiaro sono anche i dati, riportati nella mozione della Lega, che spiegano come «il 70 per cento dei biglietti business sia venduto nel nord-ovest, siano 18.347 i voli registrati su Malpensa contro i 5.680 di Fiumicino, ovvero il 76 per cento dei voli Alitalia contro il 24». E poi ben 1 milione e 297mila le imprese collegate allo scalo lombardo con tassi di crescita dell’8 per cento nel periodo 2002-2006, «superiori a quelli di molti aeroporti europei e in particolare di Fiumicino, salito del 4,5».
All’eventuale ridimensionamento di Linate la Lega non ha ancora pensato. Pronta, invece, la proposta del Carroccio di un network di tutti gli scali del Nord. «Il nuovo piano di Alitalia - attacca Castelli - è grave anche perché rischia di mandare in crisi un sistema che funziona. Con Linate e Malpensa perfettamente integrati anche con Orio al Serio». Ora il problema diventa anche politico. «In Parlamento - l’accusa dei colonnelli leghisti - c’è uno schieramento trasversale a favore di Fiumicino. Per cui chiediamo a Fi, ad An e all’Udc di dire chiaramente con chi stanno». Immediata la prima risposta. «Ci mobiliteremo da subito per difendere lo scalo milanese - assicura Giorgio Jannone, deputato di Fi e membro della commissione Finanze -. È semplicemente folle affermare, come fa il ministro Pierluigi Bersani, che i clienti Alitalia dell’aeroporto di Malpensa sono pochissimi e quindi le proteste ingiustificate. Raccoglieremo le firme possibili dei parlamentari del Nord, convinti che persino quelli del Centro e del Sud contesteranno l’assurda e offensiva presa di posizione di Bersani».
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