Cronaca locale

«No alle primarie, sono una farsa e occasione per scontri di potere»

Mariastella Gelmini, coordinatrice regionale di Forza Italia parla del rilancio del partito e della doppia sfida elettorale del 2006

Marcello Chirico

Ah, le donne...! Quando si mettono in testa qualcosa, difficilmente riesci poi a levargliela. In questo momento è proprio ciò che si augura Silvio Berlusconi quando pensa a Mariastella Gelmini, una bresciana tosta alla quale il premier ha affidato (con inevitabile arricciamento del naso da parte di parecchi colleghi maschi) il coordinamento del proprio partito nella regione più importante d’Italia. Una che, appunto, si è messa in testa di rilanciare Forza Italia, troncando le guerre fratricide al proprio interno e mettendo fine alle correnti. Ma anche una che punta decisa a rivincere le prossime politiche con Berlusconi «leader indiscusso, perché altri non ne vedo», senza primarie «perché sarebbero una farsa, uno scontro tra i signori delle tessere», attraverso l’impegno di tutti,in particolare dei parlamentari azzurri «che se ne stanno a Roma e si disinteressano del territorio» e magari una strategia organizzativa uniforme dell’intera Cdl, prodromo al partito unico. «Dobbiamo vincere perché siamo i migliori, non i meno peggio degli altri», è già il suo slogan elettorale.
Adesso capisco perché il premier ha scelto lei per risistemare le cose in Lombardia...
«Berlusconi cercava una figura innovativa, sufficientemente giovane e che appartenesse a Forza Italia dalla prima ora. Ha scelto me che, penso, rispondo a queste caratteristiche: sono una militante dal ’94 e ho fatto tutta la gavetta necessaria per poter rivestire un ruolo del genere».
Ripercorriamola, le spiace?
«Ho iniziato dai club, poi sono stata eletta a Desenzano, ho fatto la delegata politica, sono diventata assessore provinciale a Brescia e alle ultime regionali ho raccolto 18mila preferenze, superando colleghi più forti di me in quei collegi. Una bella soddisfazione! Eppoi, non è un segreto che il presidente voglia investire su noi donne».
Le viene affidata Fi lombarda in un momento non facile, col partito in perdita di consensi e non pochi problemi all’interno. Da dove partirà per rilanciarlo?
«Introducendo più collegialità, maggiore capacità di confronto, cominciando dal rispetto delle componenti monoritarie. Sono venuta qui per aggregare, non per dividere. Per elaborare una sintesi, non per escludere. Invece finora c’è stato chi ha imposto qualcosa e a quello ci si doveva adeguare, altrimenti si veniva estromessi: in questo modo si è generato uno scontro fuori luogo che, se continua, ci farà scendere al di sotto del 10% perché l’elettorato non ci perdona questa litigiosità».
Da più parti, seppur con modalità e riferimenti diversi, si è auspicato un allargamento del consenso all’esterno. Lei è d’accordo?.
«Certo, per evitare di implodere. Quindi ben venga un’apertura verso l’associazionismo di categoria, il volontariato, il mondo cattolico inteso non nel senso religioso stretto ma come fattore culturale e sociale. Da tutto ciò dobbiamo attingere idee e con loro confrontarci. Eppoi noi stessi dobbiamo fare di più».
Qualcuno in particolare?
«Sì, i nostri parlamentari lombardi: non se ne stiano solo a Roma, ma vadano alle sagre di paese e alle inaugurazioni, mantengano i contatti col territorio. Qualcuno l’ha fatto, altri no e da questi mi aspetto di più: si applichino pure ai temi d’interesse nazionale ma dedichino il proprio tempo pure ai problemi del sindaco di Abbiategrasso».
In tutta franchezza, ha paura di perdere le prossime elezioni?
«Il rischio c’è, ma la sinistra non è meglio di noi. È vero, la gente si aspettava di più, ma dovrà darci atto che parecchie cose sono state fatte e che abbiamo percorso l’unica strada praticabile. Non potevamo certo aumentare le tasse o la spesa, considerato che il debito pubblico non era pari all’1,4 ma del 3,2. Eppoi c’è stato pure l’euro a complicare le cose, senza dimenticare l’11 settembre. Un alibi? No, un problema non ancora risolto, mi pare».
Il partito unico, quando si fa?
«Il progetto è già in stadio avanzato, ma lo realizzeremo dopo il voto, per una scelta tattica».
Quale?
«I partiti della Cdl hanno la necessità di presentarsi alle urne coi propri simboli, perché la gente ne è affezionata: non li trovassero, creeremmo confusione e perderemmo altri voti. Piuttosto, voglio fare una proposta agli alleati».
Del tipo?
«In vista delle elezioni politiche del 2006, Forza Italia sta predisponendo una struttura organizzativa che si chiamerà «motore azzurro» e fornirà ai singoli candidati le linee-guida in campagna elettorale, studiate collegio per collegio: vorrei metterla a disposizione in Lombardia pure ai candidati delle altre forze politiche. Incontrerò gli altri coordinatori e cercherò di convincerli a utilizzare quest’unica modalità organizzativa nei nostri collegi. Sarebbe il prodromo al futuro partito unico, i cui meccanismi saranno all’incirca uguali».
Il leader della Cdl resta sempre Berlusconi...
«È fuori discussione, perché è lui il punto d’equilibrio della coalizione. Eppoi, alternative non ne vedo. Casini e Follini? La Lega non li poggerebbe. Formigoni? È una risorsa della Cdl, ma non tutti i cattolici si vedono rappresentati in lui. Un suo impegno futuro a Roma ci potrà essere, anche se tra fare il ministro o il governatore io non avrei dubbi e sceglierei la seconda ipotesi».
Eppure è proprio Formigoni a spingere per le primarie...
«Sa cosa penso? Che le primarie sono una grande farsa. Le avessimo fatte otto anni fa a Milano Albertini, che è invece amatissimo dalla gente, non sarebbe stato sindaco. Eppoi: chi partecipa a questa consultazione? I tesserati? E allora non sono un meccanismo evangelico ma uno scontro fra poteri, per giunta pilotato, come avviene già nei congressi di partito. Meglio allora affidarsi ai sondaggi, che son fatti tra la gente comune».
Il prossimo anno si vota pure per Milano. Vincerà la Moratti?
«Prima deve sciogliere la riserva, e spero lo faccia entro settembre. Per la sua campagna elettorale ho già ottenuto l’appoggio di Albertini, che è stato un ottimo sindaco perché ha interpretato la milanesità con spirito pragmatico.

Sarà un ottimo traghettatore per chi gli subentrerà».

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