Carissimo Massimiliano Lussana, face book è un mondo reale, che nellipercinetico mondo di oggi consente di poter dialogare, conoscere persone, allacciare contatti, trovare e discernere informazioni.
La tecnologia semplifica lesistenza, sempre che luomo che la usa, sappia discernere i contenuti e non diventi dipendente dalla stessa. Non so francamente quale valore aggiunto possa aver dato un gruppo creato allo scopo di far conoscere e divulgare unedizione locale di un quotidiano cartaceo? Ma se fosse vero tutto ciò che, tocco e leggo vedo e assaporo quotidianamente a proposito delliniziativa, ti assicuro che molti Amici si sono aggiunti alla nostra già numerosa famiglia. Tantissimi Giovani (veramente bravi e tanti) tantissime persone del Ponente Ligure (ultimamente veramente tanti) tantissime Donne (anche se «qualcuna» asserisce il contrario). Il loro affetto non lo ritrovi sulla bacheca del gruppo, poiché il più delle volte dialogano personalmente con me. Un tifo «da stadio» con attestati di stima e incoraggiamenti a proseguire nelle iniziative. Devi sapere che questa piattaforma, facebook, sta letteralmente stravolgendo gli usi e costumi della popolazione italiana e mondiale; nel nostro piccolo, genovese e ligure. Alcuni piccoli esempi: puoi scrivere direttamente a Sandro Biasotti ad Alessandro Gianmoena a Michele Scandroglio a Renata Oliveri ecc ecc e stai certo che personalmente ti risponderanno... Puoi partecipare ad eventi, essere invitato personalmente a manifestazioni, essere informato in tempo reale su fatti di interesse nazionale e non, farti promotore diniziative di gruppi di condivisione ecc. ecc. Nel mio piccolo ricevo circa duecentoventi messaggi, tra ringraziamenti e partecipazione a discussioni, tralasciando quelli in bacheca che sono difficili da contabilizzare. Mai vista tanta partecipazione, mai vista tanta educazione nelleloquio, mai vista tanta condivisione e volontà di cambiamento.
Segnalazioni interessantissime, pareri qualificati, idee innovative e una marea di scambi di opinioni. Io lo certifico: la gente ha voglia di partecipare di sentirsi ascoltata di manifestare la propria appartenenza.
Concludo dicendo: a quando la tua iscrizione? Saresti un valore aggiunto e toccheresti con mano lutilità immensa che deriva dal contatto con le persone. Noi Amici del gruppo non aspettiamo altro, per poterti nominare amministratore unico di: Amici de il Giornale Genova.
Attenti alluso e allabuso
A proposito di facebook, vorrei solo aggiungere che nell'epoca multimediale ci sono dei concetti che ci insegnarono i latini... qualche secolo fa e cioè la Libertas e la Licentia; oggi molti parlano di libertà ma forse dovrebbero consultare un dizionario tipo il Campanini-Carboni e così vedrebbero che in troppi casi oggi si spaccia la Licentia per Libertas; ora credo che dopo la legge sullo «stalking» non si possa rischiare di avere un web-stalking oppure comportamenti anomali da parte del «popolo di Facebook» i quali in nome della libertà, pensano di avere solo diritti e zero doveri! Occorrono delle norme perché se l'uso è un arricchimento per tutti, l'abuso è un rischio se non per tutti per alcuni e questo va evitato!
Mario Lauro
Il reale e il virtuale
Mi unisco alla discussione intorno all'argomento internet che sta lievitando sulle pagine del Giornale per fare il punto della situazione e, al contempo, per tentare una sintesi potente, capace di gettare luce sulla forza dei nuovi media. Nessuno oggi può più negare le straordinarie opportunità che internet e gli altri mezzi di comunicazione digitali integrati hanno offerto all'uomo contemporaneo. La posta elettronica, la condivisione dei file di dati, la libera navigazione nell'immenso mare del World Wide Web, i social network, gli universi virtuali, il commercio on-line, il telelavoro, le notizie in tempo reale, i blog, la connessione continua hanno aperto prospettive incredibili e mobilitato energie nascoste che stanno rivoluzionando il mondo. Non a caso internet e gli altri media digitali rivestono oggi un ruolo di centro nel dibattito culturale. Dai lavori antesignani di un Mc Luhan e di un Baudrillard a quelli più recenti e calzanti di De Kerchove, di Maffesoli, Castells o Casalegno, gli studiosi più avvertiti dedicano le loro ricerche alle implicazioni sociali insite nell'uso dei nuovi mezzi di comunicazione. Ne hanno ben donde: quello che sta accadendo sotto i nostri occhi non troppo innocenti è realmente un rivolgimento epocale. Nella rete si stanno sviluppando modalità di convivenza totalmente nuove e gli utenti, attivi il più delle volte in un contesto ludico-creativo libertario, elaborano linguaggi e rapporti interpersonali dalla struttura inedita, i segreti delle cui formulazioni sfuggono a tutti coloro che aborriscono la rete perché non la comprendono o la temono. Costoro fanno parte degli apocalittici, i pessimisti alla Lyotard che vedono nella tecnologia il male assoluto e specialmente nell'invasività di internet identificano una sorta di Grande Fratello orwelliano evoluto. Oppure appartengono ai cosiddetti neo-luddisti alla Kirkpatrick, timorosi della desertificazione dei rapporti umani reali e della distruzione dei posti di lavoro a favore delle macchine. Sull'altro versante, quello dei tecnoutopisti, possiamo annoverare gli entusiasti tout court che venerano nella «digital exploitation» il senso di tutte le cose, il glutinum mundi del futuro. Ma entrambe queste visioni estremiste sono viziate da un errore di partenza: considerano separatamente le due opportunità che abbiamo di fronte, quella reale e quella virtuale. Al contrario, per cogliere il vento favorevole, noi dobbiamo comprendere con chiarezza che oggi ci è possibile utilizzare contemporaneamente le due opzioni, che si integrano reciprocamente, si concedono interscambi frequentissimi, s'influenzano a vicenda dando luogo a nuovi soggetti e ad inconsuete modalità dello stare insieme, del comunicare. In sintesi, ogni giorno di più il virtuale si sta facendo reale e il reale diventa virtuale. Chi si isola in uno solo dei due mondi resta indietro o si perde nell'altrove e non fa più ritorno. Chi invece coglie le profonde connessioni tra i due mondi mette un piede nel futuro. I social network alla Facebook, alla Twitter, alla Netlog, solo per citarne alcuni, contengono la rappresentazione emblematica di quanto andiamo affermando: sono frequentati per lo più da persone che non hanno una grande confidenza con la tecnologia, dunque non ne sono schiavi e mantengono un radicamento profondo nella realtà. Ebbene, questi utenti che hanno un piede di qua e l'altro di là, stanno dando vita ad un mirabolante mosaico di comunità virtuali che influenzano il vivere quotidiano, rimodellano i sentimenti e li rieducano. In un ambito quasi magico e talvolta estatico, stabiliscono regole più consone alla contemporaneità e se ne fanno messaggeri, trasportandole nell'agire pratico. Quel che è più sorprendente riguarda l'estensione di queste comunità, sovente legate a doppio nodo alle zone di residenza degli utenti stessi e agli interessi che ridondano nella vita quotidiana. Una sorta di resistenza anarcoide, di anticorpo alla globalizzazione che si traduce in micro-azioni. D'altro canto è impossibile non restare meravigliati di fronte ai giochi linguistici, agli anacoluti, agli anagrammi che i surfers dei social network improvvisano durante le loro repentine conversazioni. Difficile rimanere indifferenti alla forza devastante del corpo collettivo che mette in campo se stesso ed escogita diagrammi visivi totalmente estranei al passato. I tecnobarbari, così li ho chiamati, si accalcano in sciami attorno ad alcuni iniziati, i tecnomaghi, che conducono le danze di questa dionisiaca degli anni 2000 e distruggono, ricompongono, preparano alchimie destinate a mutare i nostri orizzonti. Chi non capisce che siamo di fronte ad un sommovimento tellurico pari se non superiore a quello provocato dall'invenzione della stampa a caratteri mobili, chi non riesce ad unire la realtà con gli extramondi si relega in un angolo della storia. Si sta sviluppando un «Tecnomagismo» che avrà ricadute assai superiori a quelle dei movimenti d'avanguardia del '900, Futurismo compreso.
Maurizio Gregorini
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