«Noi vivi per miracolo, non scorderemo l’orrore»

Omar Sherif H. Rida

«Sta tranquillo ragazzo mio, c’è di peggio, c’è di peggio», così un’anziana, il braccio quasi staccato dalla spalla, confortava Giuseppe, finanziere romano di 28 anni. Erano nella seconda carrozza del convoglio che ha tamponato il treno fermo in stazione, poi il boato, il buio, la brusca caduta e le 50 persone addosso, grida e dolori dappertutto. La donna sparisce come inghiottita dal nulla, mentre Giuseppe è tra i primi ad arrivare, con varie contusioni, al pronto soccorso del Policlinico Tor Vergata, estrema periferia Sud, assieme ad altri «codici verdi», ovvero i feriti meno gravi. I primi vengono trasportati con le ambulanze del 118, gli altri giungono accompagnati da genitori, parenti, amici. È una processione che va avanti per tutta la mattina: «La macchina di soccorso ha funzionato bene - spiega Giuseppe Visconti, direttore sanitario -. Avevamo due camere operatorie in funzione, due posti letto in terapia intensiva disponibili e dieci posti letto per le eventuali emergenze. Attendevamo altri 30 feriti che poi non sono arrivati». Seduto nella sala d’aspetto del pronto soccorso c’è Roberto, una vita nella Cgil Trasporti - quasi uno scherzo del destino - vistosamente zoppicante. «Ero seduto nell’ultima carrozza del convoglio, quella tamponata dal treno in corsa - racconta ancora impaurito -. L’urto mi ha scaraventato addosso alla parete e una volta in piedi sono stato tra i primi a uscire perché, fortunatamente, le porte erano aperte. Ricordo un fumo bianco, irrespirabile, che aveva invaso il vagone». Guadagna la superficie Roberto, e comincia a correre all’impazzata, lontano da quel pericolo scampato, dalla sua potenziale tragedia. Sulla stessa carrozza viaggiavano Silvana, 52 anni, diretta a Termini verso il treno per Maratea dopo i giorni trascorsi con la figlia Fabiola, 22enne studentessa di Scienze del Turismo a Tor Vergata, anche lei in metro con un’altra amica, Marianna, 22 anni. «Alla fermata Manzoni (chiusa per lavori) il treno ha rallentato - ricorda Marianna - poi si è fermato per qualche istante, è ripartito e dopo pochi secondi lo scontro». Anche per Elisa, 17 anni, studentessa del liceo scientifico «Teresa Gullace» di Cinecittà, quella di ieri è stata una giornata particolare, finita per fortuna con un bernoccolo e tanto spavento. Anche lei si trovava, con tutta la sua classe, sul vagone tamponato. «Stavamo andando in gita all’Auditorium per visitare la Festa del cinema. Una volta usciti fuori siamo andati a piedi fino alla stazione metro di Colli Albani, per poi tornare davanti al liceo». Un mesto itinerario, molto diverso da quello pieno di film e star del cinema che avevano sognato.

E una giornata diversa l’aveva immaginata anche Isabella, impiegata presso uno studio legale a Prati, braccio fasciato, occhi azzurri e ancora pieni di paura: «Ero sulla carrozza che si è infranta sul treno fermo. All’inizio abbiamo pensato a un attentato e aspettavamo altri boati. Le porte erano chiuse, un ragazzo è riuscito ad aprirle. Tutt’intorno panico, sangue, gente che piangeva».

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