Nomine Asl, il «manifesto» silura Marrazzo

Claudia Passa

Fosse stato il Giornale, avrebbero detto che si trattava dell’ennesimo «attacco strumentale». Di una questione politica, per partito preso. Ma ora che ad «impallinare» la Giunta Marrazzo sull’«epurazione» dei vertici Asl è stato il Manifesto, per il presidente della Regione e il suo entourage sarà più difficile far finta di niente.
«Paese malato»: così titolava ieri l’editoriale sulla prima pagina del quotidiano comunista. Tutti a pensare che fosse il solito attacco al governo, e invece no: la legge finanziaria era relegata a fondo pagina, e i (dis)onori della ribalta erano riservati proprio all’ex anchor-man (anche se mai nominato) e alla sua Giunta. «Qualche mese fa, dopo la nostra felice vittoria nel Lazio - si legge - uno dei primi atti della nuova giunta è stata la rimozione di tutti i direttori delle Asl. Gli scaduti che forse non erano tutti ugualmente scadenti (o almeno alcuni di loro la pensavano così) si sono rivolti al Tar, per essere reintegrati o almeno risarciti». Questa è storia, come ben sanno i nostri lettori e ora anche quelli del Manifesto. «Tutti scadenti - si chiede l’articolista -, tutti incapaci? C’era stata forse un’impennata di malattie, di mortalità nel Lazio durante gli ultimi cinque anni, durante la presidenza di Francesco Storace? Oppure le cose sono andate come il solito? Meglio del solito, peggio del solito? Boh, ma chi ci fa caso?».
Il quotidiano di Gabriele Polo non risparmia la precedente amministrazione, sarebbe stato chiedere troppo. «I rimossi erano gente di partito - sentenzia -, perverso effetto di lottizzazione. Ma noi in cambio chi ci abbiamo messo? E perché?» Il commento è feroce: «A prima vista si direbbe che ammalati e malattie, bambini da far nascere, anziani da sostenere, terapie da inventare e da innovare, sono soltanto il secondo degli interessi in gioco, tanto allora che adesso. Il primo interesse è l’occupazione degli spazi, con persone affidabili, ben conosciute. Con persone affidabili e amiche a comandare si può mettere in opera un sistema di raccomandazioni, essenziale per mettere a valore un certo tipo di sanità. Saltare una fila, avere presto l’indagine o il ricovero o la cura, senza essere costretti ad aspettare sei mesi come tutti, disporre delle cure dei medici migliori, con un’informazione convincente e completa, è raggiungere a metà la salvezza».
A sinistra, non potendo dirsi d’accordo né tantomeno attaccare l’organo comunista, hanno preferito scagliarsi contro le divertite reazioni che l’articolo ha suscitato nella Cdl. A cominciare da quelle degli esponenti di An Andrea Augello («Ancora una volta il Lazio diventa la pietra dello scandalo nella sinistra ufficiale, quella dei partiti, dei giornali, degli intellettuali») e Bruno Prestagiovanni («Persino un quotidiano orgogliosamente appartenente alla sinistra radicale non può fare a meno di denunciare il clima di lottizzazione e clientelismo»). Fabio Desideri, della Lista Storace, ha parlato di «epitaffio per la Giunta regionale», mentre l’Udc Luciano Ciocchetti è tornato sul tema dell’«epurazione» e della «logica spartitoria».
Nell’imbarazzato silenzio della sinistra, in pochi han provato a gettare acqua sul fuoco. Per il verde Filiberto Zaratti «è fin troppo chiaro che non sono le letture del Manifesto che possono restituire credibilità politica a Ciocchetti, Augello, Desideri e Prestagiovanni». Con Augello se l’è presa pure Ivano Pedizzi (Prc): «Ha distorto senso e contenuto complessivo dell’articolo».

Ma subito gli ha risposto Vincenzo Piso (An): «Peduzzi farebbe bene a prendersela o col Manifesto, che non riesce a recitare a livello mediatico la parte di complice, o con lo stesso Marrazzo».
Mario Di Carlo, della Margherita, ha invece invitato Augello a «leggere bene l’articolo, senza fermarsi alla prima pagina». Peccato che l’articolo finisse in prima pagina.

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