«Non abbiamo un Messi ma siamo squadra E scommetto su Pepe»

Fabio Cannavaro, la scelta di devolvere parte dell’eventuale premio mondiale alla Fondazione Unità d’Italia è una risposta al ministro Calderoli?
«Ci sembrava giusto dare un segnale in un momento del genere e leggendo i giornali mi pare che la nostra iniziativa sia stata apprezzata. Nessuna risposta o provocazione, noi siamo per unire, non per dividere. Certo, ci sono stati degli attacchi, ma sono opinioni. Abbiamo voluto dimostrare ancora una volta che si può fare qualcosa di positivo. Chiarisco però che ognuno è libero di dare quello che vuole, di premi con la federazione non abbiamo ancora parlato. La Padania? Non ci voglio pensare, mi auguro davvero che tutti tifino per l’Italia, siamo una Nazione che vive sul pallone, dobbiamo tirare verso un unico obiettivo».
Perché a questa Fondazione e non ad altre iniziative?
«Non dobbiamo stare a spiegare cosa facciamo di solito per la solidarietà. Io ho una fondazione con Ferrara, ho girato recentemente uno spot contro la pedofilia. Questa non è una cosa personale ma di un gruppo che rappresenta l’unione di un Paese. Abbiamo dato un segnale importante che potrà servire alle generazioni future».
Ne dia un altro sulla Nazionale, partita tra lo scetticismo...
«Non abbiamo una stella come Ronaldo, Messi o Rooney. I fuoriclasse in Italia non ci sono. Ma già quattro anni fa, io ho vinto con altre armi. E a me piace molto Pepe per come sta crescendo. Non ci definite mina vagante, se ritroviamo le nostre caratteristiche, possiamo giocarcela con tutti».
Ovvero in primis la solidità difensiva...
«Lippi sta lavorando proprio sulla fase difensiva. Negli ultimi anni abbiamo un po’ perso un certo modo di difenderci e il nostro ct sta cercando di riproporlo. Io ho grande fiducia».
A proposito di Lippi, verrà con lei a Dubai?
«Io non sono il suo procuratore, né so se avrà intenzione di allenare nella prossima stagione e quando. A Dubai fa caldo, c’è il mare e per lui potrebbe essere un vantaggio in più...».


E la sua scelta?
«Vado lì perché, dopo l’anno che ho passato, era giusto cambiare per me e la famiglia. Tornare a giocare in Italia? Ho 37 anni e non ci penso più. Mi mancherà la Nazionale, quando scendi in campo e canti l’inno, ti senti un Paese alle spalle».

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