Non c’è film senza un bacio lesbo

È l’ultima frontiera del marketing cinematografico. Dopo il nudo maschile e il sesso "hard", ora i produttori solleticano il pubblico con le effusioni scandalose fra le star

Non c’è film senza un bacio lesbo

«Divina ridente Saffo coronata di viole», la chiamò il poeta Alceo di Mitilene che la conobbe, e bene. A due millenni e settecento anni di distanza, Saffo rimane ancora dolcissima e scandalosamente moderna, se è vero come è fiction che i suoi - di volta in volta - casti, maliziosi, lascivi baci sono ormai diventati una garanzia di successo (almeno mediatico; il botteghino non sempre ci casca) per film altrimenti anodini, più che androgini. Nel senso di insignificanti. Bacio lesbico: un apostrofo hot fra le parole T’acchiappo. Nel senso dello spettatore. Il lesbo kiss è il più lucido degli specchietti per le allodole allupate dell’industria cinematografica.

Ciak, si kiss. Il bacio linguisticamente corretto fra Caterina Murino, con caschetto nero, e Mena Suvari, con caschetto biondo, è - con una scelta di marketing geometricamente perfetta - al centro del triangolo amoroso del film hemingwayano Il giardino dell’Eden, pellicola che sarà a sua volta il frutto proibito del prossimo Festival di Roma. E uno.

Il bacio fra le due disinibite turiste del sesso, la nera Penelope Cruz e la bionda Scarlett Johansson, che costituisce uno dei pochi motivi per i quali si sta straparlando del nuovo film di Woody Allen Vicky Cristina Barcelona presentato con scalpore all’ultimo festival di Cannes. E due.

Il bacio autarchico - con una spolverata di cocaina - fra le due nere, in senso fisico e politico, Monica Bellucci e Lavinia Longhi nel film Sanguepazzo ispirato alla storia d’amore&morte fra i due attori-amanti Ferida e Valenti, visto fuori concorso allo stesso festival di Cannes. E tre.

Il bacio nazi-chic fra la patinata Charlize Theron e la laccata Penelope Cruz (toh, chi si rivede) nel film altrimenti dimenticabilissimo Gioco di Donna scomparso pochi anni fa sul grande schermo ma rimasto ancora oggi nella memoria collettiva bi-sex. E quattro.
Il bacio ecstastico fra Heather Graham e Jessica Stroup, già vista in Grey’s Anatomy nel torbido Broken, lo scorso anno. E cinque.
I baci d’antan di Valeria Solarino, bella lesbica sicula ottocentesca, nel film in lavorazione Viola di mare della regista Donatella Maiorca, dal romanzo Minchia di Re, di imminente arrivo a sfatare ulteriore tabù. E sei.
I baci lesbo-soap che costellano, con la stessa frequenza delle interruzioni pubblicitarie, gli ultimi serial televisivi, da Dirt (un kiss-cult fra Jennifer Aniston e Courtney Cox) a Grey’s Anatomy (con Jessica Stroup: toh, chi si rivede) passando per il nostro Terapia d’urgenza (un medical-kiss fra Elisabetta Rocchetti e Alessia Barella). Saltando gli strofinamenti lesbo-noir in dissolvenza incrociata fra Martina Stella, Claudia Pandolfi, Violante Placido, Caterina Murino (toh, chi si rivede) e le altre serial killer nel promo di Donne Assassine appena partito su Fox Crime. E basta.

Una volta, tanto tanto tempo fa, era il nudo parziale; poi il nudo integrale; poi il nudo maschile; poi il lato A, quindi il lato B, dunque il sesso fatto dal lato A ma intuito dal lato B e infine il sesso fatto dal lato B ma intravisto dal lato A, come - per dire - nella scena hard Moretti-Ferrari in Caos Calmo. O semplicemente un trionfale lato A maschile, come Elio Germano nell’ostico Nessuna qualità agli eroi. E parallelamente, una volta, tanto tanto tempo fa, era il bacio etero, poi omo, ora saffico. In versione patinata. Al cinema l’ultima frontiera del sexualmente corretto - in tempi in cui la vera trasgressione sarebbe un bacio fra marito e moglie legalmente coniugati e religiosamente sposati, con figli naturalmente concepiti - è il lesbismo allo stato chic: femmine belle, bionde, more e che si dicono sempre sì. A Hollywood la chiamano «Generazione Bi», dove Bi sta per bisessuale: ovvero le attrici che baciano chiunque, dipende dal produttore.

Dipende dal produttore, ultimamente, se il bacio saffico dal punto di vista filmico e promozionale funziona così bene. Fingendo di fare scandalo ci si fa pubblicità per davvero. Ne è passata di pellicola sullo schermo dai tempi in cui la divina Greta Garbo, anno di scarsa grazia 1933, accennava un furtivo bacio sulle labbra dell’attrice Elizabeth Young sul set dell’immortale La Regina Cristina. Oggi il lesbo-movie è solo una straordinaria tecnica di marketing che il cinema ha copiato (meglio: «citato») dallo showbiz: Madonna agli Mtv Awards, una volta con Christina Aguilera e un’altra con Britney Spears; il lucidissimo labbra-a-labbra fra Sarah Jessica Parker e la guest-star Alanis Morissette in un episodio culto di Sex and the City; il bacio-benefico messo all’asta per la Hoping Foundation da Kate Moss a favore dei bambini palestinesi, e vinto dall’ereditiera Jamima Khan; oltre alle varie performance saffiche dell’altra ereditiera, Paris Hilton. Lesbo è bello.

Lesbo, soprattutto, è un affare. «Sono orgogliosa di questo film. Ha un segno estetico forte.

Dividerà, ci saranno discussioni, lo so. Parliamo di un film estremamente disturbante, nella perversione, nei giochi erotici», ha detto Caterina Murino a proposito del suo Giardino dell’Eden. Un paradiso, per i produttori.

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