Tiger Woods non ha vinto il Masters! Questa la notizia che alle 7 di sera (in Georgia) di domenica ha fatto il giro del mondo e che tutte le agenzie si sono precipitate a battere. Notizia eclatante? Certamente sì ma che analizzando a freddo l’evento in questione ci sta tutto perché il «fenomeno» per una volta non è stato tale, i suoi errori - più che umani - finalmente, li ha fatti e la fortuna, vero anche questo, non è stata sempre dalla sua parte. Ha vinto «Davide» Zach Johnson contro «Golia» Tiger ma soprattutto Zach ha vinto un Masters che ha avuto dello straordinario e del più unico che raro.
Altro che Georgia in piena primavera del profondo Sud statunitense: vento a 60 chilometri, l’ora, freddo invernale, campo come non si era mai visto in 71 anni di Masters con green impossibili da gestire, ogni minimo errore che da tale condizioni veniva ampliato e perfino colpi belli a volte malamente puniti. Nessuno dei giocatori in campo avevano mai affrontato l’Augusta National in simili condizioni ed il semplice fatto che nessuno di loro sia andato sotto il par per le 72 buche, la dice lunga su questa edizione del torneo georgiano. Tiger, dicevo, non è stato il solito Tiger anche se ha fatto vedere cose mirabili come lui stesso laconicamente ha detto alla fine: «Quando si perdono quattro colpi in due sole buche (ha fatto bogey alla 17 e alla 18 sia il giovedì che il sabato, ndr) non si può vincere un torneo del Grande Slam».
Onesto, campione vero, ma profondamente deluso. La buona sorte lo aveva assistito sino in fondo proprio nella giornata più fredda e ventosa del sabato, quando malgrado i due errori finali i suoi avversari sbagliavano anche loro tutti nelle ultime buche permettendogli di rimanere in corsa e di poter ancora giocare la domenica nell’ultima partita insieme al leader, l’australiano Stuart Appleby in vantaggio di un colpo. La cabala registrava che Tiger non ha mai perso un «major» giocando nell’ultimo match dell’ultima giornata, ma anche che non aveva mai vinto partendo alle spalle del leader. Stavolta sembrava potesse sfatare la seconda parte della cabala. Dopo un’ora di gioco domenica era passato al comando ma poi... Poi è successo di tutto, di più. Ben sei giocatori si sono alternati - anche se per brevissimo tempo al comando - Appleby, Tiger, un Retief Goosen risalito clamorosamente dalle retrovie del terzo giro e che chiudeva in 32 colpi le prime nove buche della domenica, Justin Rose, il ventiseienne inglese e alla fine Zach Johnson che con birdie alla 13, alla 14 e poi alla 16 prendeva due lunghezze di vantaggio.
Tiger dopo aver rotto un ferro giocando alla 11 una palla attaccata ad un albero, firmava un incredibile eagle 3 alla 13 rientrando in corsa ma mancava il birdie alla 14 e finiva poi addirittura in acqua alla 15 dove un altro birdie era a portata di mano. Zach, il ragazzo semplice del Iowa, arrivato sul grande tour dopo essere passato brillantemente dall’intera trafila dei piccoli tornei minori, vincitore di un solo «big event» - nel 2004 - con ottimi piazzamenti lo scorso anno che lo hanno portato a giocare in Ryder Cup, ha meritatamente vinto il Masters.
Ha avuto pazienza, perseveranza e fede (è profondamente religioso) ma ha anche messo in mostra un gioco consistente sebbene non spettacolare, un gioco del quale aveva dato ampia dimostrazione di essere in possesso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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