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Non fermate Della Valle La salvezza del Colosseo val bene uno sponsor

Rifiutare la generosità di chi affida allo Stato 25 milioni significa condannare il monumento. E dissuadere altri possibili mecenati

Non fermate Della Valle  La salvezza del Colosseo  val bene uno sponsor

Illustre presidente del Consiglio Mario Monti, Gentile ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi.

Non ho, fino a oggi, manifestato alcunche è con qualche stupore che non ho visto, nonostante i manifestati interessi e le dichia­rate passioni, una energica pre­sa di posizione sulle questioni relative alla conservazione, alla tutela e alla promozione del no­stro patrimonio artistico. Da tempo io immagino una fusione delle competenze del ministro dell’Economia con quelle del ministro per i Beni culturali, nel­la istituzione di un unitario, e inequivocabile, ministero del Tesoro dei beni culturali. Altro tesoro non abbiamo e nessun al­tro Paese può vantarne uno su­periore al nostro.

È per questo che credo mio do­vere raccomandare a entrambi una presa di posizione molto più netta e determinata su que­stioni simbolicamente e mate­r­ialmente molto gravi come l’in­trusione del sindacato e dei tri­bunali amministrativi e della magistratura ordinaria nella vi­cenda del contributo di Diego Della Valle al restauro del Colos­seo.

Indipendentemente dai residui dei fondi statali, indipendentemente dalle supposizio­ni, non con­cretizzate, di introiti milionari determinati dai prolungamenti degli orari di apertura del monumento, indi­pendentemente dai supposti ri­torni pubblicitari, la generosità di un privato che affida allo Sta­to 25 milioni di euro non può es­sere mortificata né messa in re­lazione con una inesistente e mancata concorrenza. Il solo ri­sultato è demotivare il finanzia­tore e determinare un’influen­za negativa per altri che si voles­sero mostrare disponibili. L’evi­dente regolarità del procedi­mento seguito dal Commissa­rio per le aree archeologiche, ora sottosegretario, Roberto Cecchi, non è soltanto una que­stione burocratica, ma una testi­monianza di buon senso: in tut­ta la storia dei contributi priva­ti, dal restauro dell’ Ultima cena di Leonardo da parte del­­l’Olivetti, ai restauri della cappella Brancacci di Masaccio, ai restauri degli affreschi di Piero della Francesca ad Arezzo, l’importanza del bene ha de­terminato l’inte­resse del mecenate che non necessariamente è un interesse materiale, ma certamente è motivo d’or­goglio e l’affermazione di un convincimento e di un impegno morale.

Perché respingere, per­ché dire no, perché cercare, oltretutto in assenza di con­testazioni da parte di altri competitori, pretesti per scoraggiare chi ha fatto una scel­ta tanto spesso auspicata e un gesto di dichiarato soccorso al nostro patrimonio? Non fu for­se un finanziamento giappone­se a consentire il restauro della Cappella Sistina? E per ottener­lo la Chiesa, ovvero lo Stato vati­cano, ha indetto una gara?

La decisione di Diego Della Val­le andava e va riconosciuta, al di là dei benefici di ritorno, come un buon esempio in momenti difficili e di tagli di finanziamen­ti pubblici alla tutela del nostro patrimonio. Ogni altra interpre­tazione è deviante. D’altra par­te il contributo privato si auspi­ca per enti autonomi come la Biennale di Venezia o fondazio­ni come il Festival dei due mon­di di Spoleto; ed è tanto più desi­derabile e auspicabile nel mo­mento in cui si annuncia la chiu­sura di musei come il MADRE di Napoli che dovrebbero invece poter continuare la loro attività grazie a finanziamenti privati. E se poi, una volta accordati, si do­vessero riaprire discussioni e contestazioni e, come nel caso del Colosseo, revocare o sospen­dere quegli stessi finanziamen­ti faticosamente ottenuti, l’uni­co risultato sarebbe dissuadere i benemeriti che avevano deci­so di integrarsi o sostituir­si allo Stato.

Se un decreto im­mediato del go­verno non re­stituisce effi­cacia alla pro­va di munifi­cenza co­munque di Diego Della Valle, le conse­guenze non saran­no soltanto per il mancato restauro del Co­losseo, ma per una contagiosa disaffezione da parte di quanti avrebbero deciso di sentire i be­ni di tutti come beni propri e lo Stato come espressione della co­scienza di quel bene, anche al di là delle istituzioni e dei funzio­nari pubblici. Il gesto di Della Valle va dunque premiato e non mortificato, e deve essere un im­pegno dei rapp­resentanti del go­verno facilitarlo e non ostacolar­lo.

Tanto volevo pubblicamente chiedere alla Vostra autorità perché essa si manifesti e non si lasci sopraffare da una minac­ciosa e ottusa burocrazia. 

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