Politica

«Non lasciamo alla sinistra il monopolio della cultura»

I dirigenti chiedono garanzie sui congressi e sulle cariche a livello locale. Schifani: «Vero, da troppo tempo è tutto fermo»

Gianandrea Zagato

da Milano

«Girotondi di destra? Be’, scendere in piazza si può, ma, attenzione, prima bisogna rimettere a punto la linea politica di Forza Italia. Forza Italia deve decidersi ad affrontare il tema del partito e della militanza, deve essere strumento di contatto e di rapporto con gli elettori. Noi dobbiamo parlare ai nostri elettori tutti i giorni, in maniera diretta, mirando a costruire il più possibile comunità con loro». Il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni interviene nel dibattito sul futuro del movimento azzurro e, come abitudine, lo fa con passione.
Presidente, è indispensabile che Forza Italia si organizzi in modo diverso?
«Alcide De Gasperi, dopo la grande vittoria del ’48, disse: “Gli italiani ci hanno dato fiducia, ora ogni giorno noi dovremo confermarli in questa fiducia”. Invece, lo sconcerto che pure in questi giorni si è manifestato attraverso le lettere a Il Giornale esprime soprattutto il fatto che la gente non ci ha più sentito parlare dopo il 9 aprile, che si è sentita lasciata sola».
Elettorato insoddisfatto poi della strategia della Cdl: infatti, gli elettori chiedono più fermezza e decisione nell’opposizione al governo.
«Non parlerei di opposizione dura o morbida: non è questo il modo di affrontare il problema perché può essere l’una o l’altra a seconda delle situazioni. Opposizione durissima o di dialogo a seconda delle condizioni, sapendo che la battaglia politica passa sulla persona, sulla famiglia e sulla scienza».
Con quali energie si deve riprendere il contatto interrotto con gli elettori?
«Con la militanza. Dobbiamo chiederci cosa fa ciascuno dei nostri eletti, quante assemblee organizza ogni mese, quanti incontri, quanti volantini diffonde, quante lettere, quante telefonate. Abbiamo perso le elezioni anche perché la sinistra aveva diffuso la paura che il Paese e le famiglie si stessero impoverendo: non era affatto vero, ma noi non abbiamo fatto nulla per contrastare questa paura. Oggi è l’opposto: dobbiamo essere al fianco della gente per spiegare la logica punitiva dei provvedimenti del governo Prodi e far capire ai nostri elettori che non li abbandoneremo mai. La sinistra ha tradizionalmente rapporti con i sindacati ed è soprattutto attraverso di loro che organizza la propria rappresentanza. Noi abbiamo mondi meno strutturati, come gli artigiani, i commercianti, i liberi professionisti, gli imprenditori, il ceto medio, le famiglie, tanta parte del mondo cattolico non organizzato. Ecco, dobbiamo stabilire dei rapporti strutturati con loro e decidere con loro le nostre battaglie, le nostre manifestazioni, le nostre scelte politiche».
Insomma, presidente, reclama un partito più radicato nella società?
«Più radicato e più in grado di coinvolgere le persone. Abbiamo perso le elezioni dove Silvio Berlusconi è stato più che determinante anche perché abbiamo escluso questa o quella formazione politica in varie parti d’Italia. Invece la politica è coinvolgere, allargare la base delle persone a cui si parla, anche perché in Italia diminuiscono sempre più gli elettori che hanno deciso a priori se votare da una parte o dall’altra. Noi dobbiamo essere in campagna elettorale quotidiana e sistematicamente cercare questi pezzi di società, queste persone lasciate senza rappresentanza o che non si sentono rappresentate».
Le elezioni amministrative hanno visto spesso in difficoltà la Cdl. Secondo lei in questi anni è stato trascurato il rapporto con le istituzioni locali?
«Oggi più che mai è indispensabile un raccordo tra partito e gruppi parlamentari e i pochi Comuni, Province e Regioni in cui siamo maggioranza. Sarebbe un delitto andare ognuno per proprio conto. La gente deve sentire che siamo portatori di un progetto unitario e forte, che tutti remiamo nella stessa direzione, che è quella di dare più libertà al cittadino e rendere protagonista la persona. Infine un ultimo punto, più di prospettiva, che non avrà risultati in tempi brevi ma al quale non possiamo sottrarci: la cultura. Noi dobbiamo investire su forme di culture libere, ancorate ai nostri valori, alla nostra visione. Oggi il cinema, il teatro, l’arte appaiono dominati completamente dalla sinistra. Ereditiamo una debolezza culturale che è stata della politica democristiana e liberale dei decenni scorsi. Ma non possiamo rassegnarci che sia per sempre così. Anche in quei mondi ci sono presenze libere e gente di buona volontà che ha bisogno di essere raccordata e rappresentata».
Ah, presidente, anche per questo ha messo in piedi una scuola di formazione politica?
«La scuola di formazione politica che apriremo in autunno a Milano sopperisce a una necessità e serve a rilanciare l’azione politica di Forza Italia.

Noi non siamo vinti ma vivi e vitali e seriamente intenzionati ad affermare le nostre idee e a testimoniare la nostra passione per l’uomo e le sue esigenze».

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