a Filippo de Pisis
Zero Branco,
25 settembre 1946
Caro Pippo, mi sono svegliato con una grande fame. Cosa era successo? che mi ero sognato di averti incontrato a Milano e mi avevi offerto un dolce di pasta frolla con la con- serva di more. Era un dolce assai casalingo, quasi di quelli che fanno i frati, ma talmente buono che faceva diventare voraci, ma ahimè, ve ne erano solo tre fette e la terza tu la volevi riservare per uno che doveva venire. In tale spasimo mi sono svegliato. Ma nel sogno noi avevamo anche parlato e tu mi dicevi che avevi rivisto il tuo segretario barone che era una grande carogna ma che in fine aveva due grandi meriti: di farti conoscere modelli e trattorie ugualmente squisiti. La realtà è che sono arrivato a Milano il giorno della tua partenza, che i dolci squisiti li ho mangiati con Colongo e che non ho trovato Milano degna di nostalgia, come tu mi dicevi nella tua cartolina, ma forse tu vi sentivi nostalgia per Venezia. Purtroppo vi dovrò ritornare per incontrare il mio amico Furst che arriva dall'America tra giorni. Longanesi era rincresciuto che tu non ti fossi fatto vivo e voleva parlarti per il libro promesso. E ha ragione. Tu dici sempre di essere un dilettante di pittura, ma invece hai finito coll'attaccarti come un'ostrica. Il mio terrore è di definirmi in un carattere, in un'abitudine di vita o in una maniera d'arte. Martini mi ha dato un sobbalzo di gioia, ha lasciato la scultura e la pittura per fare il gioielliere. Tu non mi dai anche l'esempio e lo stimolo a liberarmi dalla mia arte e dal mio Zero? Quale noia la fantasia di Dio, noi possiamo facilmente diventare dei profeti, già i suoi motivi sono sempre quelli: do, re, si Vai a Parigi? Io mi do al teatro, visto che gli editori non possono stampare libri, e farò delle conferenze. Ti consiglio due buoni libri: Alla ricerca dei letterati di Ojetti e Lettere non spedite di Cardarelli. E ti abbraccio, terminando perché ho ancora fame. Andando a Milano passerò da Venezia a salutarti.
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a Giacomo Debenedetti
Treviso,
10 settembre 1951
Caro Giacomino, o che i corrispondenti dei giornali sono ubbriachi o che tu fai il famoso doppio giuoco. Adesso sembra che tu a quel famigerato premio mi sei stato nemicissimo, fino a definire fascista il mio libro. Dove è andato a finire, non dico la tua comprensione amicale di me, ma il tuo vecchio acume di critico? Ad ogni modo è stata sempre mia norma pensare soltanto alla creazione indipendentemente dalla com- prensione dei miei contemporanei. Ed è forse la mia gioia migliore. Leggi pure questa cartolina senza occhiali
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a Giuseppe Prezzolini
Treviso S. M.
del Rovere 5.10.58
Caro Prezzolini, grazie per la tua lettera e spero di rivederti in Italia durante l'inverno. Se sarai a Firenze o a Milano ti verrò facilmente a trovare. Io non sono uno degli scrittori più coloriti d'Italia, ma sono il più colorito, se vuoi usare questa qualifica. Il male è che non abbiamo una critica funzionante e la confusione è enorme. Non mi credere vanaglorioso, ma so dalle testimonianze dei miei lettori il valore della mia prosa. So anche i difetti e senza tregua cerco di superarli. Sto preparando per la casa Longanesi molta roba che non mancherà di interessare. So che per l'America tu non ài alcuna influenza editoriale, ma comunque te la farò spedire. Io sono lo scrittore italiano del tutto non tradotto e questo perché non traffico con le ghenghe e col comarismo internazionale come i Levi, i Soldati, i Moravia. Leggo sempre i tuoi articoli così vivi e veritieri, ò anche letto il tuo libro sull'America così attraente, ma purtroppo non à accresciuto la mia già scarsa simpatia per quel paese, che non visiterò mai.
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a Goffredo Parise
22.XII.61
S. M. del Rovere Treviso
Mio caro Edo, se vuoi il Tocai del Conte Attimis di Buttrio che è 11 migliore, costa £. 320 alla bottiglia e puoi averne subito un assaggio di 12 bottiglie che ti faccio spedire dal Sig. Rossi di Treviso, che ne à il deposito, contro assegno. Dammi il via e il vino parte. Sono stato a Vicenza con Alfredo e il Conte Perusini, il quale deve fare pubblicare un libro di ricette della cucina friulana compilate da sua madre, presso Neri. Neri mi à fatto vedere tutti i libri stampati da lui: una meraviglia. È straordinario. Poi tutti assieme li ò portati in Corso Padova 18 dalla mia vecchia amica Guerrina De Vettori. Prima cosa la casa (la stamberga) dentro al cortile di un vecchio palazzo (che lo stesso Scapin non conosceva) fece a tutti gridare, io in testa: questa è la Vicenza di Edo. Tu avessi visto, ossia tu l'ai già visto. Cumuli di biciclette vecchie, ballatoi, gente povera di famiglie che si odiano tra loro, brave massaie, mistiche e puttane, saffiche diventate idoli delle giovanette, lei poi, la Guerrina, che non si sapeva se era uscita da un manicomio, da un carcere o da una emigrazione in Svizzera. Di una memoria limpidissima ricordava tutte le lunghe estati calde passate con lei a Vicenza negli anni della guerra. Tutte le sue amiche che concedeva a noi, ora sono oneste donne con 7 o 8 figli. Pensa in questa sua grande stanza a piano terra: una poltrona settecentesca che offriva a tutti, un alberetto di Natale, tre letti disfatti, un tavolo con bicchieri sporchi, bottiglie e fiaschi vuoti, un'aringa salata. Su una sedia un catino con acqua sporca. E fuori sulla portiera in gingillo natalizio una lampadina con grandissimo paraluce di cartone pendeva dal soffitto. Diceva che ora va a messa tutte le mattine. Una donna che tu devi vedere. Legge romanzi gialli. Un grande volto tra capelli bianchi tagliati corti, grandi occhi chiari, mammelle sode e spaziose, corpo immenso. E parlò sempre lei senza una inflessione dialettale, volubile, spigliata, affettuosa, considerava Virgilio un ragazzino. Vieni su per vederla e contemplarla. Tutti erano istupiditi. Non ò visto Mariola perché la giornata fuggì via rapida. Il giorno 8 gennaio vado a Milano per regolare tante cose con Monti.
Non pare sia completamente stordito dal nuovo amore che segue come un cagnolino da per tutto. I tuoi anno trovato casa, ma un appartamento al 4° piano senza ascensore e senza riscaldamento centrale. Ve n'erano di migliori ma tua madre à voluto così.