«Non sono un disertore, ho avuto la tachicardia»

da Roma

La tempesta, la rappacificazione e poi il giallo. È una vicenda intricata quella del senatore di An Francesco Divella. Bollato come il «disertore» in quanto assente nella votazione decisiva sul pacchetto sicurezza, e per questo espulso dal gruppo al Senato, ha spiegato le sue ragioni in una lettera indirizzata «al suo presidente», Gianfranco Fini. «Ho avuto problemi di salute». Una versione che gli vale il reintegro nelle file aennine. In serata, però, le agenzie battono le dichiarazioni rese alla Gazzetta del Mezzogiorno nelle quali rivela di essere dovuto partire per Zurigo per lavoro. Il cerchio si chiude quando l’industriale spiega di essersi sentito male sul suolo straniero e aver preferito tornare a casa a Bari, con il suo aereo privato, e non in Senato a votare come aveva previsto.
Senatore Divella, cosa è successo giovedì?
«Semplice, ero presente in mattinata ma il pomeriggio ho avuto un improvviso malore che mi ha costretto a un ricovero ospedaliero».
I suoi colleghi l’hanno cercata in tutti i modi, con telefonate e sms.
«Mi dispiace per quanto accaduto. Neppure mia moglie sapeva niente. Ma io sono una persona per bene che fa politica per passione, certo non per interesse. Ho letto cose che mi hanno ferito».
Deve mettere in conto che qualcuno possa aver fatto cattivi pensieri.
«Sono stato sottoposto a una gogna mediatica che non mi meritavo. Stiamo lì barricati da due mesi. Io ho 63 anni e porto anche avanti un’azienda, ho un doppio stress con cui fare i conti. Può capitare che il fisico possa cedere».
Quale illazione le ha fatto più male?
«Guardi, non voglio neanche pensarci. Voglio solo gettarmi nel mio lavoro ora che è passata la paura».
Come ha fatto a far cambiare idea a Fini e Matteoli?
«Ho soltanto scritto una lettera, punto e basta. Per il resto fanno fede i miei 40 anni di militanza nella destra e le mie presenze assidue di questi mesi. Siamo in una situazione che uno non si può neppure sentire male, anzi, non si può neppure allontanare per andare in bagno».
Lei è alla prima legislatura?
«Sì, è il mio battesimo questo con la vita parlamentare».
Lo rifarebbe?
«L’esperienza è bella ma molto faticosa e porta a momenti di stress notevole anche perché io ho pure la vita d’azienda».
Ma ora come si sente? Tutto superato?
«Ho appena fatto ulteriori accertamenti per una tachicardia con extrasistole. È la prima volta che mi è venuta, quindi è stato un bello spavento».
Le dispiace che qualcuno possa aver dubitato di lei?
«Guardi, sono quasi due mesi che sto lì a votare e non sono mai mancato. Credo che sia stato evidente a tutti che se non ero lì in un momento importante doveva essere qualcosa di serio».
Ha tirato un sospiro di sollievo quando ha saputo che la sua assenza non sarebbe comunque risultata decisiva?
«Sì, per fortuna non è stato decisivo il mio voto, altrimenti il dolore sarebbe stato forte».
Come vede le sorti del governo?
«Prodi non può riuscire a tenere insieme tredici partiti con interessi e obiettivi diversi. Non penso possa continuare a sostenere questo logorio all’infinito. Le sembra normale che su un tema come la sicurezza sia costretto a porre la fiducia? È un sintomo imbarazzante».
Da titolare della Divella come vede lo stato del Paese?
«Per fortuna io opero in un settore, quello alimentare, in cui, sia pure senza utili stratosferici, si subiscono meno contraccolpi.

Ma non c’è dubbio che questa Finanziaria che va a punire chi investe con l’eliminazione degli ammortamenti anticipati crei qualche problema, soprattutto per una realtà come la Divella che spende decine di milioni in tecnologie. Sostanzialmente agevolano chi non investe. Paradossale».

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