«La nostra epoca? È un noir complicato e senza conclusione (almeno per ora)»

Da tempo Serge Quadruppani è considerato uno dei più qualificati traduttori di Francia. Non a caso a lui sono state affidate traduzioni di romanzi di Stephen King e Philip K. Dick, le memorie di Margaret Thatcher, ma anche i grandi successi di autori italiani come Camilleri, Fois, Evangelisti, Lucarelli, Carlotto. Tuttavia lui (nato a La Crau nel 1952) è anche uno dei più innovativi noiristi d’Oltralpe. Mondadori e Salani da qualche anno scommettono su libri come L’assassina di Belleville e C’è qualcuno in casa ma soprattutto Marsilio, prima con In fondo agli occhi del gatto, poi con Y e Rue de le Cloche sta cercando di imporlo anche al nostro pubblico. In particolare questi due ultimi romanzi costituiscono, assieme a La Forcenée una robusta trilogia che ci propone una visione nera di Parigi, della Francia e della questione mediorientale, il tutto condito a base di inseguimenti e complotti e con la partecipazione di personaggi lunatici, strampalati e violenti.
Come sceglie i testi che traduce?
«Per quanto riguarda l’Italia ho una rete di amici, scrittori, giornalisti ed editori, che mi segnalano libri che pensano potrebbero interessarmi. Inoltre le case editrici mi mandano direttamente la loro produzione. E poi io stesso vado spesso in libreria, a fiutare. Leggo, e dopo tre o quattro pagine, se non sono stato rapito dalla storia, apro un altro libro. Il libro deve avere una sua personalità, un suo slancio proprio. Non deve mai darmi l’impressione di avere già letto centinaia di opere simili».
Quanto, in Francia, un buon traduttore contribuisce al successo di uno scrittore?
«In Francia, come altrove, la traduzione è molto importante. Se riesci a far sentire la musica personale dell’autore che traduci gli dai tutte le possibilità di trovare nuovi lettori. Potrei citare tanti autori italiani che sono stati tradotti male e che per questo non hanno trovato il loro pubblico, ma non lo farò per spirito di confraternita verso tutti i miei colleghi che vengono spesso mal pagati per il loro lavoro».
Tradurre Camilleri che cos’ha rappresentato per lei?
«Una grande sfida e un grande piacere. Camilleri è grande e sono fiero di essere il suo profeta in Francia».
Che cosa la lega alla letteratura di genere noir?
«Il genere noir è il più adatto alla nostra epoca che rassomiglia sempre più a un giallo senza conclusione (almeno per ora)».
Com’è nata la sua trilogia composta da Y, Rue de la Cloche e La Forcenée?
«Dal desiderio di raccontare il mio quartiere, il Nord-Est di Parigi (Belleville-Menilmontant-Père Lachaise) e di fare sentire i suoi rapporti col resto del pianeta».
Ci può descrivere il personaggio dell’ex superpoliziotto appassionato di musica Emile K., protagonista di queste storie?
«È un uomo di frontiera, vive e opera tra il mondo dell’Ordine e le forze del disordine».
Quanto le somiglia il personaggio del traduttore Léon descritto in Rue de la Cloche?
«Mi somiglia molto almeno per quanto riguarda il primo periodo della mia vita professionale, quando traducevo di tutto, compreso i Consigli di bellezza di Lady D. e per campare davo in subappalto il lavoro che avevo di troppo a certe ragazze molto carine ma un po’ fuori di testa. Meno male che non mi sono mai successe le stesse sventure che capitano al mio personaggio...».


Come si è accostato a temi come il conflitto mediorientale e la Guerra del Golfo, in queste storie?
«Ho cercato di raccontarli mostrando gli effetti di questi eventi apparentemente lontani sulla vita quotidiana di persone qualunque in un angolo qualunque del mondo».
Lei ha scritto anche narrativa erotica e romanzi per ragazzi...
«Per ogni romanzo cerco di trovare la voce giusta adatta alla storia. È la storia stessa che comanda».

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