GenovaQuaggiù qualcuno mi ama. Rodrigo Palacio lo dice con la sincerità di sempre. LInter non è mai stata il suo sogno e mica da adesso. Sta bene al Genoa, ci sta ancora meglio con la fascia di capitano al braccio che gli è stata consegnata a furor di spogliatoio per la contemporanea assenza di Marco Rossi e Giandomenico Mesto. Ci sta da leader di una capolista che non taspetti, così come ci stava dieci giorni fa, quando a Genova qualcuno mugugnava già per il pareggio allesordio con lAtalanta. Le mezze misure non esistono.
È il Genoa, bellezza. Ma don Rodrigo lo sa e a lui sta bene così. Perché è libero di essere se stesso, di essere il capocannoniere per un giorno almeno, di essere rifinitore, ispiratore, goleador. Eppure di essere sempre «al servizio della squadra».
Domenica è unaltra giornata, si vedrà. Palacio è il punto fermo di un Genoa che mister Malesani cambia in continuazione e finora ha sempre fatto crescere. Dal «primo tempo da oratorio» sottolineato dal presidente Enrico Preziosi dopo la prima gara, allentusiasmante spettacolo col Catania, lui, lallenatore più titolato della serie A, non si scompone. Ma manda al diavolo i luoghi comuni e le frasi fatte per confessare: «Stare in cima, anche solo per un giorno, mi fa piacere. Domenica però, tanta umiltà e andare avanti».
Dove osano i Grifoni. Ora nel nido del Chievo cè lappuntamento per unaltra settimana di soddisfazioni, ma nessuno si nasconde le difficoltà. Servirà unaltra gara di concentrazione e piedi buoni, perché il segreto del Genoa capolista è tutto lì, in un calcio che, come dice il mister, «si evolve sempre e non aspetta chi non si aggiorna». Ma non può prescindere dalla materia prima che è la tecnica di base, dote che non manca al team di Preziosi.
I diamanti sono i migliori amici delle donne. Ma anche i tifosi maschi si sono innamorati dei gioielli rossoblù. Palacio lo ha scoperto tutta Italia dopo il vano corteggiamento estivo dellInter. Ma molti commentatori, non vedendo il loro nome nel tabellino marcatori, non si sono resi conto delle perle distribuite a piene mani anche da Veloso e Jorquera, piuttosto seguendo distrattamente negli highlights solo le azioni in cui veniva nominato il più «famoso» Kucka.
Il mio nome è nessuno.
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