Era sopravvissuto alla guerra e poi alle fobie nazional-islamiste di un presidente e di un padre della patria come Alija Izetbegovic. È stato cancellato dai decreti di unoscura funzionaria. Deda Mraz, alias Nonno Gelo, lequivalente di Babbo Natale per tutti musulmani della ex Jugoslavia, da questanno non metterà piede negli asili di Sarajevo, non porterà né regali, né carbone ai bimbi bosniaci. A metterlo al bando da tutte le scuole infantili di Sarajevo e dintorni ha pensato Arzija Mahmutovic, un ayatollah in velo e gonnella responsabile dellamministrazione di 24 asili pubblici della capitale e di altri distretti bosniaco musulmani. Per questa intransigente esegeta della nuova ortodossia religiosa il povero Babbo Natale non rientra nella tradizione islamica e va cancellato dalle scuole pubbliche, rimosso dallimmaginario delle nuove generazioni.
I bambini laspettavano, l88 per cento dei genitori di questa città liberale e multietnica considera ingiusta e pretestuosa la sua circolare, ma alla signora Arzija poco importa. Per lei Babbo Natale non deve più bussare alle porte della città, deve scomparire assieme a tutto quel che ricorda lOccidente e una tradizione secolare. Ci aveva già provato senza troppo successo il ben più famoso e illustre Alija Izetbegovic. Nel 1996, nel primo Natale senza guerra della Bosnia e della sua capitale martire, il presidente padre della patria tentò di abolire le celebrazioni della festa cristiana e i festeggiamenti per lanno nuovo.
A dar retta a Izetbegovic, il povero Babbo Natale era solo uninvenzione del comunismo, mentre celebrazioni e festeggiamenti servivano solo far aumentare i consumi di alcolici e a compromettere lidentità islamica del nuovo stato. Gli abitanti di Sarajevo non ci fecero molto caso. Abituati a festeggiare la notte di Natale e quella di San Silvestro anche quando sparavano i cecchini e cadevano i colpi di mortaio, ignorarono i proclami del padre patria, addobbarono abeti e presepi e continuarono a brindare a calici di vino e rakia. Dodici anni dopo la circolare di unoscura funzionaria rischia di riuscire là dove aveva fallito il venerato padre della patria Izetbegovic . In quel lontano 1996 era difficile dimenticare che la città era sopravvissuta non solo grazie alla resistenza guidata dal presidente, ma anche grazie alla mobilitazione di unopinione pubblica occidentale decisa a salvare Sarajevo dallassedio serbo.
Oggi la solidarietà dellOccidente, è un ricordo fievole, leco di una storia lontana smorzato dai rimbombi cupi della propaganda radica islamica.
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