Tra i repubblicani emerge un perfido buonista, tra i democratici prende sempre più slancio la cavalcata delloutsider. Domani prende avvio nello Stato dellIowa e l8 gennaio nel New Hampshire la lunga corsa per ottenere le nomination presidenziali; una corsa che si annuncia, incerta, intensa e per questo appassionante.
Per la prima volta da molti decenni tra i candidati non cè il presidente uscente né il suo vice. Bush, infatti, sta concludendo il suo secondo e ultimo mandato, mentre Dick Cheney non è mai stato tra i papabili. Non solo: in entrambi i partiti nessuno è dato per sicuro vincente. Ecco che il voto di domani assume notevole importanza, non fosse che psicologia.
Le ultime ore della campagna sono state ricche di colpi di scena. Il perfido buonista è Mike Huckabee, che ha giurato di voler correre puntando solo sulle proprie capacità, dunque rinunciando a spot negativi sugli avversari. Il suo principale avversario, il governatore del Massachusetts Mitt Romney, ne ha approfittato per sommergerlo con una valanga di messaggi distruttivi.
Lo scopo? Far saltare i nervi allex governatore dellArkansas, che infatti due giorni fa sembrava sul punto di cedere e ha accettato di girare uno spot da 30mila dollari. Poi ha convocato i giornalisti per spiegare le ragioni di questa scelta, ma la conferenza stampa si è aperta con un colpo di scena. Huckabee ha dichiarato di aver cambiato idea in extremis, al contempo ha però deciso di mostrare lo spot ai giornalisti presenti che, inevitabilmente, lo hanno ripreso mandandolo in onda in ogni telegiornale. Ha così centrato due obiettivi: si è dimostrato coerente, ma ha rintuzzato le accuse risparmiando decine di migliaia di dollari in spazi televisivi. Un capolavoro di strategia mediatica. Basterà per vincere i due primi round e in particolare quello dellIowa, che tra i due è il più importante? No, secondo un sondaggio della Cnn, che mostra Romney avanti di tre punti, 31 a 28 per cento, ma sì secondo quelli della Reuters e del quotidiano Des Moines Register, che danno Huckabee in testa con quattro e addirittura sei punti. John McCain sembra fuori gara al 10%, mentre lex sindaco di New York Rudolph Giuliani ha deciso di puntare tutto sulle primarie del 5 febbraio, quando si esprimeranno contemporaneamente 22 Stati e ha rinunciato a far campagna nellIowa e nel New Hampshire. Di certo gli elettori repubblicani sono alquanto indecisi: oltre le metà non sa ancora per chi votare.
Tra i democratici la percentuale degli incerti scende a un quarto; ma lesito finale è altrettanto imprevedibile. Gli ultimi tre sondaggi danno risultati contraddittori. Per la Reuters Hillary Clinton batterebbe Barack Obama 30 a 25%, mentre il terzo incomodo, John Edwards sarebbe al 24%. Ma stando al Des Moines Register, il senatore di colore staccherebbe nettamente lex first lady 32 a 25 per cento; infine la Cnn li dà praticamente alla pari (33% Clinton, 31% Obama), mentre Edwards sarebbe fermo al 22%.
A giudicare dai finanziamenti, però, la competizione nel partito progressista sembra fin dora limitata a Clinton e a Obama: nel 2007 entrambi hanno raccolto oltre 100 milioni di dollari. È la prima volta, nella storia delle elezioni americane, che due candidati superano i 100 milioni prima ancora dellinizio delle primarie. Fino a qualche tempo fa Hillary era ampiamente favorita, ma nelle ultime settimane Obama ha raccolto consensi sempre più ampi e, sfruttando lantipatia che lex first lady continua a suscitare in buona parte degli americani, appare come un candidato credibile. Sì, il giovane Barack può farcela; come daltronde il sindaco di New York, Michael Bloomberg, che per ora non è candidato, ma che potrebbe proporsi come indipendente. Il 7 gennaio parlerà alluniversità dellOklahoma, dove un gruppo di saggi bipartisan lo ha invitato. Lui approfitterà delloccasione per invitare i candidati dei due grandi partiti «a superare gli steccati di parte per affrontare le sfide fondamentali per il Paese» .
E se, come probabile, otterrà risposta negativa, Bloomberg potrebbe decidere di correre da solo. I suoi collaboratori, daltronde, sono pronti a raccogliere 650mila firme nei 50 Stati. Investimento iniziale: 1,3 milioni di dollari; uninezia per un multimiliardario come lui.
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