Ocse: «Per salvare la scuola sì alle riforme»

LA DIAGNOSI «Il sistema educativo dà risultati modesti nonostante la spesa molto elevata»

Mariastella Gelmini ha un alleato inaspettato. E super partes. Si chiama Ocse e il suo rapporto sulla scuola italiana la dice lunga su quanto lavoro dev’essere ancora fatto per allinearci con i Paesi più evoluti. Ma l’indagine internazionale, realizzata in 23 paesi del mondo, dice anche che la riforma messa in piedi dal governo ha imboccato la giusta direzione. «Il sistema educativo italiano - si legge nel rapporto - produce risultati fra i più modesti dell'area, nonostante la spesa per studente sia molto elevata». Non solo. Esistono «forti differenze regionali che non possono essere spiegate con la diversa quantità di risorse disponibili» e che rappresentano un fardello per l'economia nazionale. Insomma, vanno fanno tagliati i rami secchi, ridotte le classi, incentivati gli insegnanti preparati, misurate le performance di presidi e docenti. E ridotti i costi inutili per canalizzarli verso una preparazione più mirata di studenti. Che rimangono il fanalino di coda nella classifica Ocse.
GLI STUDENTI. I risultati medi degli studenti italiani sono infatti tra i più scarsi nell’area Ocse (per esempio, gli studenti italiani di 15 anni sono indietro di 2/3 di anno scolastico nelle scienze rispetto alla media europea e di 2 anni rispetto ai migliori, i Finlandesi). Soltanto la metà della popolazione attuale nel nostro Paese ha completato l’istruzione secondaria superiore (a confronto di 2/3 della popolazione nell’area Ocse). Infine, le prestazioni della scuola variano molto tra una regione e l’altra, in particolare tra nord e sud.
I COSTI. Le scuole italiane spendono per ciascun studente molto di più degli altri Paesi Ocse ma i rendimenti in termini di istruzione sono più scarsi. E questo avviene soprattutto perché esistono tante classi poco numerose e tante ore d’insegnamento. In Italia, infatti, si contano quasi 10 insegnanti (9,6) ogni 100 studenti, mentre negli altri paesi il rapporto è di 6,5 su 100.
GLI INSEGNANTI. L'Italia, conferma il rapporto, è il Paese con la più alta percentuale (52%) d'insegnanti che superano i 50 anni, mentre solo il 3% ha invece un'età inferiore ai 30 anni. Ma età a parte, per l’Ocse quello che conta è la scarsa motivazione della categoria, più interessata al posto fisso che alla professione svolta. Per i docenti, dice l’Ocse, quello che conta è «l’elevata sicurezza del posto di lavoro». Sono gli insegnanti a scegliere le scuole, non le scuole a scegliere gli insegnanti come avviene nel resto d’Europa. Inoltre, in Italia rispetto agli altri paesi europei l’avanzamento di carriera avviene solo per anzianità. In quanto a mobilità, l’Italia è invece avanzatissima: circa la metà degli insegnanti si sposta da una scuola all’altra ogni anno, con gravi disagi per gli studenti. In generale, la motivazione dei docenti sembra essere relativamente debole e per questo l’Ocse consiglia di legare gli aumenti di stipendi a buone prestazioni e di introdurre meccanismi di valutazione periodica per migliorare la qualità dell’insegnamento.
LE REAZIONI. Il ministro Gelmini concorda con l’Ocse quando suggerisce provvedimenti urgenti. Ma replica spiegando che «sono iniziative adottate dal governo fin dal nostro insediamento un anno fa». Molte delle osservazioni del rapporto, del resto, sembrano la fotocopia di quanto lei stessa ha più volte dichiarato di voler correggere.

Come l’eccessivo numero delle scuole e dei docenti per alunno, l’eccessivo numero di ore di lezione che non ha spesso alcun legame con la qualità della didattica. Per non parlare della necessità di incentivi economici ai professori meritevoli, un suo cavallo di battaglia che aveva scatenato le ire dei sindacati.

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