Odissea emergenza neve: la mia notte in autostrada da ostaggio del gelo

Il cronista prigioniero dell’A1 paralizzata dalla nevicata annunciata: sedici ore per percorrere tre chilometri. Italia sotto la neve: disagi e proteste.  Guarda le foto. Il governatore della Toscana: "Denunceremo i responsabili". Ghiaccio e freddo: 3 morti sulle strade della Toscana. Due clochard deceduti a varese e Torino. Arrivati con un giorno di ritardo i soccorsi. Un popolo che guida senza testa

Odissea emergenza neve: 
la mia notte in autostrada 
da ostaggio del gelo

nostro inviato a Incisa (Firenze)

Il navigatore, influenzato da qualche spirito buono, aveva provato ad avvertirmi. Era programmato per portarmi in Alta Badia nelle Dolomiti, ma in mezzo al viaggio ha cambiato idea e voleva fare uscire ad Arezzo. Se avessi obbedito mi sarei risparmiato un inferno autostradale che è ben riassunto dai tempi: venti ore per andare da Roma a Incisa Valdarno; sedici ore per percorrere gli ultimi tre chilometri. Un viaggio iniziato sotto i migliori auspici e nel rispetto delle regole. Servono le catene a bordo o gli pneumatici anti-neve? Io mi presento al casello di Roma con trazione integrale, gomme termiche nuove e anche le catene.
Tutto va liscio e mi convinco che anche Autostrade stia facendo la sua parte quando vedo gli spargisale in azione, nel tratto umbro dell'A1. La prima neve vera arriva all'altezza di Valdichiana, ad Arezzo la precipitazione si fa seria, ma il traffico scorre e le macchine non sono tante. Mancano solo gli spargisale. O almeno io non le vedo né vedo sale sulla strada. Mi preoccupo e decido: uscirò al casello Valdarno. Le auto iniziano a rallentare. Slittano, alcuni non hanno le catene. Gli autisti dei tir azzardano sorpassi da destra, i bestioni da 10-12 ruote iniziano a scivolare e quando si fermano, non riescono più a ripartire. Mi convinco ancora di più ad uscire, ma qualcuno decide di chiudere Valdarno ai veicoli che sono sull'A1. Non rimane che andare avanti fino al casello successivo, Incisa, ma a 3.100 metri prima dello svincolo inizia il blocco. Sono ancora le 16,30.
L'atmosfera, tra i forzati del blocco, cambia velocemente. Motori accesi e musica dagli abitacoli chiusi nella prima mezz'ora, auto silenziose telefonini che trillano nelle successive due. Alle sette di sera scatta la solidarietà: tutti iniziano a uscire per chiedere gli altri sventurati se sanno qualcosa, anche perché non si prende il segnale di Isoradio. Per vie traverse arriva la spiegazione al nostro stop: ci sono dei camion che hanno fatto testacoda. Noi, ci rassicuriamo: «A spostare un camion ci vorranno due ore. Poi siamo nell'efficientissima Toscana. O no?». Intanto la neve si ferma intorno ai 15 centimetri. Robetta, penso. Poi però piove acqua gelida e poi nevica di nuovo. L'autostrada diventa una per fetta pista da fondo. Ai telefoni della polizia stradale le risposte sono standard: «Si è messo di traverso un tir». E quanto ci vuole? «Non possiamo fare previsioni». Il tono delle chiamate non cambierà fino alle 8 della mattina successiva. Per fortuna le famiglie con bambini sono poche, gli accampati, almeno quelli del Valdarno, sembrano per la gran parte lavoratori. Rappresentanti, tecnici, trasportatori. Spuntano i computer portatili. Cosa dicono i siti? «Che la protezione civile ci sta portando coperte e bevande calde». Mai viste. «Scrivono che qui c'è solo un rallentamento». Sollevazione dei prigioneri dell'Autosole. Inizia il fai da te. Si organizza lo scasso, con il permesso del padrone, di un auto che si è chiusa con la chiave dentro. Un elettricista africano che lavora a Modena tira fuori il vino e diventa subito molto popolare. Una signora napoletana rimprovera i primi automobilisti che invadono la corsia di emergenza. «E se a qualcuno viene un infarto? Dove passa l'ambulanza?». Giusto, dico io. Chiamiamo il 112 e il 113? Inutile, mi spiega. Non rispondono. La corsia d'emergenza diventa ufficialmente una terza corsia. Un ragazzo, con due buste legate ai piedi mi chiede: quanto ci vuole per il primo Autogrill verso sud? «Più di cinque», dico io. «Venti», mi corregge un trasportatore. Lui non risponde e si avvia comunque. Altri abbandonano l'auto e vanno a caccia di un bar, ma verso nord. Tornano con delle buste. Ma quanto ci vuole per arrivare alla stazione di servizio? «Una ventina di minuti». Rinuncio. Tanto, mi dico, non ci terranno fermi tutta la notte. Speranze da pivello dell'autostrada. I camionisti, che notoriamente la sanno lunga, poco dopo sembrano rispondere a un unico comando e spengono motori e luci. Dormono. Molti automobilisti li imitano. L'Autosole si trasforma in un dormitorio. Chi, come me, non ci riesce, inizia una gimcana tra i tir e le auto in uno spazio che ormai non assomiglia nemmeno a un'autostrada.

Tra stop and go, percorrerò circa 170 metri all'ora fino al traguardo. Ad altri è andata anche peggio. E dire che sarebbe bastato un po' di sale nella zucca degli automobilisti poco previdenti e, soprattutto, un po' di sale sull'asfalto.

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