Roma - Più che un centralino, quello di Palazzo Grazioli sembra un call center . Che va avanti a chiamare non stop per tutto il pomeriggio. E ancora a tarda sera la lista dei deputati da contattare («Le passo il presidente...») non è del tutto spuntata. D’altra parte, il voto di oggi è un passaggio delicato quasi quanto quello dello scorso 14 dicembre. E ci sta che Silvio Berlusconi voglia assicurarsi in prima persona che anche chi non ha nascosto la sua insoddisfazione nei confronti del partito o del governo sia oggi presente in aula per la fiducia. I numeri dovrebbero esserci, il problema però è il quantum . Perché se la maggioranza superasse sì la prova ma senza arrivare alla fatidica quota di 316 sarebbe comunque un segnale politico non indifferente.
Il pallottoliere, a sera, era tarato sui 318-320 ma le assenze dell’ultim’ora sono il vero timore del Cavaliere. Non tanto, insomma, che qualche malpancista possa votare apertamente contro il governo, quanto che all’ultimo minuto possa non presentarsi. Anche perché Giorgio Napolitano potrebbe a quel punto eccepirgli la mancanza di una maggioranza qualificata. Ed è anche per questa ragione - per fugare dubbi e maldicenze - che a sera Berlusconi smentisce categoricamente l’esistenza di «trattative» riservate con Claudio Scajola che definisce «un amico » e «un protagonista importante » del Pdl. Ma qualche timore il premier ce l’ha anche nei confronti di tutti quei deputati che sono ormai da tempo in rotta con Giulio Tremonti, un altro elemento che potrebbe avere conseguenze destabilizzanti.
Per fortuna che a portargli buone notizie è nel tardo pomeriggio Amedeo Labocetta che ieri ha accompagnato a Palazzo Grazioli Giancarlo Pittelli (che oggi dovrebbe votare la fiducia) oltre che caldeggiare fortemente il condono edilizio e fiscale nel decreto sviluppo su cui da giorni si stanno accapigliano Paolo Romani e Tremonti. L’ennesimo fronte aperto, visto che secondo molti sarebbero ben tre le versioni del provvedimento: quella buttata giù dal ministro dello Sviluppo, quella di Tremonti a «costo zero» e anche un testo di Renato Brunetta. Sullo sfondo, però, resta un Berlusconi sempre stanco di avere ogni giorno un problema con cui combattere. «Non abbiamo una settimana di calma», confidava qualche giorno fa ai suoi.
Perché «o ci sono le inchieste, o la questione intercettazioni o lo scontro con Tremonti oppure gli scivoloni alla Camera dove andiamo sotto senza una vera ragione». Invece, è il senso del ragionamento del Cavaliere, «avrei bisogno di almeno un mese di calma» per «riuscire a invertire la rotta». Perché il premier sarebbe anche pronto a mettere mano alla legge elettorale («con Verdini ne abbiamo già discusso ») ma il problema, riflette in privato con il suo interlocutore, «è che non siamo in grado di mettere altra carne al fuoco» almeno finché «la Lega è così divisa e non sa cosa vuole ». Poi una riflessione sul futuro. «Anche se volessi - confida - non potrei comunque dire che non mi ricandido come vorrebbe qualcuno».
Perché «otterrei l’effetto Zapatero» e «accorcerei inevitabilmente la legislatura » visto che «sarebbe interpretato come un rompete le righe e porterebbe certamente al voto nel 2012». Invece, «la crisi non si è ancora stabilizzata» e in questo momento «il Paese non ha certo bisogno di andare alle urne». Eppoi, se si accorciasse la legislatura ci sarebbe anche il problema di un Pdl «ancora debole» e di un Angelino Alfano «forse non ancora del tutto pronto».
Anche se - nonostante quanto detto ieri in Consiglio dei ministri - Berlusconi continua a non escludere la possibilità, in caso si andasse al voto, di affiancare al Pdl una sua lista personale- Italia per sempre - che gli ultimi sondaggi danno intorno al 16%. A quel punto, le beghe interne al Pdl dei tanti frondisti gli interesserebbero certamente meno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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