Onde d’acqua «imprigionate» sulla tela

La Galleria Consorti ospita una mostra dedicata agli ultimi lavori di Loris Liberatori

Fedora Franzè

Via Margutta, ogni romano lo sa, è nota come la strada degli artisti, e chi abbia voglia in qualunque momento di riempirsi gli occhi di arte (nuova e meno nuova) trova un angolo suggestivo della città ricco di proposte.
Succede poi che eventi più rilevanti del solito accendano di una qualità speciale la passeggiata tra le botteghe antiquarie e le gallerie. È il caso di «Acquae», la piccola esposizione nella Galleria Consorti, una monografica dedicata all’artista ligure Loris Liberatori. L’effetto acquario è garantito al primo colpo d’occhio, con cui si abbracciano tutte le opere in mostra: ciascuna è formata da più tele, in insiemi che danno vita a forme d’acqua grandiose, onde potenti che ricordano Hokusai solo concettualmente, vicine piuttosto a Turner nell’irruenza, o specchi placidi in cui si riflettono alberi, rocce, tracce di architettura che perdono così la loro consistenza «terrena».
L’immersione è dunque istantanea e si può scegliere di soffermarsi su temi malinconici, meditativi o lasciarsi travolgere da flutti che da irrequieti diventano minacciosi. Ma non è la potenza o la bellezza della natura, lo spettacolo dell’imprevedibilità, e nemmeno un tentativo di riconciliazione con un mare che può essere terribile a costituire la ragione profonda di quest’arte passionale.
Scegliendo un punto di vista che tralasci un’immagine nota per calarsi nella dimensione pura della pittura, si sente che le pennellate vivono di una forte vita propria, che il mare in fondo è una scusa. Si scopre ad esempio che non c’è liquidità, che non si trova nulla in Liberatori dell’impalpabile fluidità con cui si caratterizza nella nostra percezione della realtà l’elemento acqua. Le tele sono incrostate di colore (l’artista usa anche sabbia e colla), lo strato pittorico ha uno spessore che supera la bidimensionalità tradizionale per tirarsi dentro anche lo spazio esterno. Non a caso ogni opera-immagine compiuta è il risultato di un assemblaggio di opere più piccole che singolarmente rinunciano a raffigurare per rivendicare una natura puramente astratta.
La matrice comune è la fotografia, ingrandita, sezionata, di spiagge ed oasi naturali effettivamente visitate dall’artista, ma il momento più significativo è l’elaborazione finale, sulla scorta di una sensibilità pittorica legata al mondo dell’informale.
La storia della formazione di Liberatori pittore (è anche scenografo, regista ed attore teatrale) mette in luce un interesse precoce per la scomposizione dell’immagine, per il collage, per la sperimentazione cromatica e sui materiali, per l’opera di Afro e di Burri.


Oggi l’artista giunge ad una ricerca incentrata sull’energia della luce cui è affidato il dinamismo delle composizioni e la frantumazione della materia che prende mille direzioni, si avvolge su se stessa, si disarticola.

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