Onorevoli siate più «nordisti»

Si dà per scontato che dal matrimonio di due partiti ne nasca uno nuovo con una dote di voti inferiore alla somma dei consensi ereditati dai genitori. È una lezione che proviene da storie di fusioni (tentate e fallite soprattutto a sinistra) della Prima Repubblica: i contrari alle nozze, di una parte e dell'altra, se ne vanno. Si temeva che andasse così anche col Pd e col PdL. E invece no. Sia il partito di Veltroni sia quello di Berlusconi nel 2008 hanno preso più voti dei partiti d'origine nel 2006. In particolare il Pdl ha guadagnato dalla fusione di Fi e An in 14 regioni su 20. Ma non in Lombardia, Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Non, cioè, dove ha trionfato la Lega. La quale, dunque, ha preso voti al Pdl. In particolare almeno 66mila milanesi che nel 2006 avevano scelto Fi e An sono passati al Carroccio. Perché? Qualche idea l'avrei. Una volta arrivati a Roma, i molti milanesi mandati in Parlamento o al governo temono di apparire «nordisti», «localisti», eccessivamente attenti alle esigenze del territorio di provenienza. Sono invece fin troppo ansiosi di mostrarsi «nazionali», «solidali», sensibili agli «interessi generali del Paese». Anche per i temi cruciali come infrastrutture e sicurezza. Sono complessi che i rappresentanti di altre aree del Paese, a cominciare da quelli provenienti da Roma, certo non hanno, facendo valere le richieste dei loro collegi elettorali.

Questo travaso di voti, comunque, è un fenomeno che i dirigenti del Pdl dovranno tenere sotto controllo: perché il carattere dell'alleanza con la Lega non ne venga stravolto e perché questa città ha una forte capacità di reazione.

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