Operaio-padre licenziato perché portava i figli a scuola

Appena rientrato dalla cassa integrazione, l'azienda gli ha anticipato l'inizio dell'orario di lavoro. E lui era costretto ad arrivare in ritardo

Negli anni scorsi diverse mamme lavoratrici, in genere operaie, erano state licenziate o avevano avuto problemi nelle loro aziende - con tanto di richiami disciplinari - per il problema legato al loro diritto-dovere di madri. Ma più raramente al centro di uno di queste vicende era spuntato un padre, alle prese con le esigenze dei bambini e per questo motivo sanzionato.
È il caso di Alex Barbieri, 37 anni, nato a Bergamo e residente in provincia di Lecco a Paderno d'Adda, per ora ex operaio alla 'Bigarellà, specializzata nel settore dei distributori automatici di bevande e snack, di Cassano d'Adda, nel Milanese. L'uomo è papà di un piccino di quattro anni che lui deve portare alla scuola materna perchè la madre fa i turni dalle 6 del mattino almeno due settimane al mese.
La tuta blu, appena uscito dalla cassa integrazione in deroga non ha potuto rispettare il nuovo turno imposto dall'azienda - le 7 invece che le 8.30 - e per questo motivo è stato rescisso il suo contratto. Lo ha denunciato Angelo Pedrini della Cub, la Confederazione unitaria di base. Il sindacalista ha reso noto che insieme a Sdl, Rdb e Cobas ha chiesto l'intervento della Consigliera provinciale di parità per far applicare le politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro previste dalle leggi europee. I problemi iniziano i primi giorni di aprile quando il dipendente viene richiamato in servizio, ma il nuovo orario gli «rende impossibile - spiega - assolvere i suo doveri di padre riconosciuti costituzionalmente» e lo contesta. Per qualche giorno riesce a far fronte al cambiamento di turno, ma tramite il sindacato comunica che potrà arrivare solo alle 8.30.
Il 14 del mese accompagna il figlioletto alla materna, arriva in azienda e viene licenziato in tronco. «La titolare, quando ho avvisato che il giorno dopo sarei arrivato alle 8,30 invece che alle 7 perchè non potevo fare a meno di portare il mio bambino a scuola mi ha detto - afferma Barbieri - 'fai pure, poi domani vedrai...'. Il vedrai è stata una lettera di licenziamento che mi è stata consegnata sulla porta della dittà». «Mia moglie è operaia in un'azienda per la lavorazione di gomma e plastica a Robbiate, nel Lecchese, e deve fare i turni dalle 6 del mattino. Quindi non posso che essere io a dover esercitare il mio dovere di padre - spiega il lavoratore, che guadagnava circa 1.250 euro netti al mese -. Non si può nemmeno parlare di cambio turno: mi hanno imposto di lavorare dalle 7 alle 16 o così o me ne dovevo andare. Prima distribuivo kit per i caffè, una volta rientrato dovevo invece provvedere al carico, bevande calde e fredde e snack, in distributori in grandi aziende. Gli ho spiegato la situazione, ma non mi sono voluti venire incontro tanto che mi sono dovuto rivolgere al sindacato e pensare che lavoravo lì da 12 anni, di cui una decina come autonomo con partita Iva».
«Mia moglie guadagna circa 1.

000 euro - ha concluso Alex Barbieri - e proprio non ce la facciamo. Tra l'altro è impossibile trovare una baby-sitter prima delle 7 del mattino. Inoltre la scuola è a Paderno d'Adda, e la ditta a Cassano d'Adda cioè circa 25 chilometri di stanza».

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